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La tutela dei diritti umani


di Giovanni Conso - Presidente emerito della Corte Costituzionale

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Si parla di città, diritti umani in città, nella città di Roma, Roma capitale dei diritti umani. Ero lì e guardavo. Più in città di così non si può pensare. Passano continuamente cittadini, passano turisti, pullman, macchine. Siamo proprio al centro della città, della città di Roma. Anche da questo punto di vista, quindi, il luogo è stato scelto bene, è affascinante finché vogliamo. Siamo in mezzo alla città. Però questo è un tema universale. Ogni città, grande o piccola, dovrebbe farsi carico del problema dei diritti umani, che poi sono i diritti di ciascuno di noi. Essere umano: questa è un’altra parola del titolo, esseri umani. Attorno a queste parole si possono fare varie considerazioni.

Mi è stato affidato il compito di questa relazione con riferimento alle giurisdizioni, cioè al modo di tutelare questi diritti. Naturalmente la giustizia, la giurisdizione è il canale considerato da sempre quello classico, quello fondamentale, quello in grado di operare con terzietà del giudice e, quindi, in modo obiettivo. Il tema è molto complesso, perché il sottotitolo parla di concorrenza - il presidente lo ha ricordato – tra le giurisdizioni che sono già state create, che stanno già operando o che presto opereranno a questo proposito. Se l’organo di giurisdizione fosse uno soltanto non vi sarebbe un problema di concorrenza, perché se ne occuperebbe, se se ne occupasse, quell’organo. Ma se sono più, ecco che nascono problemi di concorrenza. Conflitti, e noi vediamo che anche nella giurisdizione nazionale, in ogni giurisdizione nazionale sovente ci sono dei conflitti di giurisdizione: conflitti positivi, tutti vogliono occuparsene, conflitti negativi, nessuno se ne vuole occupare. Da un lato naturalmente si può pensare che sia meglio, perché più organi ci sono, più tutela c’è e maggiormente garantita. Ci sono diverse strade e possiamo scegliere quella più adatta, più consona, più promettente. C’è allora più accesso alla giustizia; ma c’è anche il rovescio della medaglia. Ci sono più giurisdizioni e possono nascere dei conflitti o avere delle incertezze a chi rivolgersi e poi, magari, c’è un intoppo e si sbaglia strada. Tutto quello che avviene, così, ha i suoi pro e i suoi contro. Cerchiamo allora d’individualizzare, di capire bene qual è la situazione a tutela dei diritti umani, fondamentali. Permettetemi una parentesi d’attualità massima, di cronaca di questi giorni, cronaca che spesso si fa storia quando si tratta di eventi importanti, anche se magari in sofferenza, in difficoltà. Proprio venerdì, attualità massima, ci sono stati due eventi che hanno caratterizzato la scena in modo particolare dal punto di vista dei diritti umani. Uno, diciamo così, di vita normale, di vita vissuta e cioè un congresso importante nel corso del quale, a chiusura, il Presidente della Commissione europea, Romano Prodi, ha preso la parola per concludere il convegno, dicendo che siamo arrivati ad un momento storico a proposito dei diritti fondamentali, che questi diritti sono proclamati in tante Carte, in tante parti e settori; ci sono organi svariati, giurisdizionali e non, e tra quelli giurisdizionali ce n’è più di uno, insomma c’è una fioritura. Da questo lato la campagna, la causa dei diritti umani ha fatto molti progressi da quando è partita nel 1945, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale e soprattutto nel 1948, quando il 10 dicembre fu proclamata la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. In cinquanta, cinquantacinque anni quanta strada è stata compiuta! Le Carte, le Convenzioni e i Trattati si sono moltiplicati. Potremmo essere molto fieri di tutto questo; però, non basta proclamare. Quello che conta è l’attuazione e la concretezza; non ci basta che ci siano tante proclamazioni e magari tante Carte e tante strade se poi queste Carte non operano e queste strade trovano dei blocchi e non hanno sbocchi operativi positivi. Non possiamo, quindi, gloriarci troppo delle tante Carte e di questi passi avanti. All’inizio sì, non c’era nulla e la costruzione è cominciata e venuta su rigogliosa. Poi, però, l’operatività di questi organismi, di queste Carte la sentiamo davvero? E’ un polso che pulsa oppure rimane teoria pura che diventa inganno? Perché quando non c’è nulla ciò che è creato diventa importante, ma quando si fanno tante dichiarazioni e queste dichiarazioni restano lettera morta diventa una beffa e si ottiene il risultato contrario. La delusione, l’avvilimento e lo svilimento anche della giustizia, delle Carte dei diritti. Prodi ha fatto un discorso molto pessimista, perché in realtà ha constatato come purtroppo le violazioni si stanno moltiplicando. Non sono in regresso - si potrebbe dire che all’inizio non c’era nulla e che le violazioni crescevano -; ora, però, con tutte queste Carte e tutte queste Corti per quale ragione continuano a crescere? Evidentemente qualcosa non funziona e c’è poco da essere entusiasti dei passi avanti compiuti. Per un pò va bene creare, ma se poi la creazione non dà risultati concreti e le violazioni si moltiplicano e restano impunite, è chiaro che il bilancio è negativo. Questo bilancio, allora, positivo non è.

Nella stessa giornata c’è stato un altro evento di natura diversa, molto doloroso da un lato, ma direi di forte richiamo non solo culturale, ma soprattutto emotivo, politico e rivolto al futuro, anche se è un evento di perdita, di scomparsa, diciamo pure di morte. Venerdì scorso, in serata, è morto Norberto Bobbio. Ecco che non è tanto per enfasi, per una celebrazione che pur andrebbe coltivata con grande proprietà, che si ricorda Bobbio; ma non è casuale, non è occasionale. Norberto Bobbio, tra le tante virtù che ha praticato, tra i tanti meriti che si è guadagnato, tra le tante battaglie che ha combattuto, la più importante, per me, di queste battaglie, è quella che ha compiuto, condotto accanto al profilo filosofico, al profilo politico, al profilo ideologico a favore dei diritti umani. Ecco che allora, parlando dei diritti umani oggi in Europa e direi anche nel mondo, nelle città del mondo, ricordare Norberto Bobbio significa richiamare il suo insegnamento, i suoi messaggi a proposito di questo grande capitolo, un grande capitolo che ha bisogno di rilancio, di continuare nella sua crescita, ha bisogno di trovare critiche che pungolino affinché queste Carte diventino realtà. Penso che il modo migliore per ricordare Bobbio, per continuare la sua grande battaglia per tanti valori, di civiltà, di civicità, valori politici, ideologici, filosofici, giuridici ci sia quella concentrata sui diritti dell’uomo. Così, Norberto Bobbio non muore; avendo scritto molto, ci è rimasta una produzione copiosa, sempre limpida e facile a capirsi anche se alta di contenuti. Raramente uno studioso ha saputo calibrare assieme l’altezza della meditazione, l’altezza dei valori con la chiarezza del linguaggio. Prova ne sia che se noi facessimo un sondaggio nei licei, nelle scuole medie superiori su quale sia l’autore contemporaneo più conosciuto, sono sicuro che la risposta sarebbe proprio Bobbio. Ulteriore prova ne è che per ben due volte all’esame di maturità è stato dato un tema dedicato a Bobbio, in un caso riprendendo una sua dichiarazione di fondo, una dichiarazione di principio e, nell’altro, richiamando proprio la battaglia per i diritti umani. Non solo, ma se facessimo un monitoraggio, come si dice oggi, andando a guardare tutti i vari temi, i vari scritti che vengono presentati dopo la maturità, addirittura dopo la laurea, sul piano della partecipazione ai cosiddetti master, ai corsi di perfezionamento successivi al conseguimento della laurea da parte di studiosi, ecco che noi troveremmo tutta una serie di indicazioni, quando si parla di diritto internazionale, ma anche di diritto nazionale, perché questo non è solo un fenomeno internazionale. Il fenomeno internazionale è una impostazione che amplifica, che rafforza ma che non esclude, anzi, parte dalla considerazione della necessità che ogni Stato rispetti questi diritti. Quindi, questi diritti umani devono essere tutelati all’interno di ogni Stato, addirittura all’interno di ogni città, e poi portati su di un piano europeo e mondiale. Ebbene, cosa scriveva Bobbio? Ne scelgo tra i tanti passaggi che sono raccolti in quella sua opera fondamentale che ha avuto tirature copiosissime, che proprio gli studenti di liceo, ma non solo, considerano un manuale base: “L’età dei diritti” del 1990. Questa battaglia continua che Bobbio ha condotto, ha avuto inizio, grosso modo, almeno come data significativa proprio vent’anni fa, nel 1983 a Ravenna per il Centro culturale Carlo Cattaneo, studioso al quale Bobbio si riferiva spesso in comunanza d’intenti. Quella conferenza aveva questo titolo: “I diritti dell’uomo e la pace”. Bobbio, come si può notare, dava al problema un’apertura enorme. Diritti umani: noi pensiamo che si tratti di diritti di ogni individuo, in ogni giorno della propria vita, fare in modo che la gente, uomini, donne e bambini di ogni età, in ogni momento ed in ogni angolo della Terra, abbiano tutelate le esigenze fondamentali del loro vivere, una vita dignitosa una vita che non debba troppo fare i conti con la fame e la sete e con tante altre brutture o difficoltà della vita. Aggiungeva “...e la pace”. Non si trattava solo dei diritti dell’uomo, ma anche della pace. Ebbene, abbiamo visto negli ultimi tempi la tragedia irachena e prima quella afghana: quale tormento, quale angoscia, quale vilipendio dei diritti umani si è accompagnato anche da parte dei conquistatori, anche da parte di chi ha portato avanti la guerra. I diritti dell’uomo e la pace. Esordiva quella giornata così importante questa battaglia che portava su un piano così alto e che poi avrebbe continuato. Se qualcuno mi chiede quali sono, secondo me, i problemi fondamentali del nostro tempo, non ho alcuna esitazione a rispondere il problema dei diritti umani e quello della pace; e quello della pace. Si potrebbe anche dire è quello della pace, perché se sono violati i diritti umani, ecco che la pace diventa insostenibile, possono esserci reazioni violente, opposizioni magari addirittura terrorismo. Bobbio, però, diceva “e la pace”. Sono dunque due i problemi fondamentali, due perché dalla soluzione del problema della pace dipende la nostra stessa sopravvivenza, mentre la soluzione dei problemi dei diritti dell’uomo è l’unico segno certo del progresso civile. I due problemi vanno considerati insieme perché sono strettamente connessi; l’uno non può stare senza l’altro. I brani da citare sarebbero molti altri; accelero stringendo l’obiettivo sui punti cardinali di questo cammino così intenso, forte, ricco e affascinante soprattutto sui giovani. Consapevole di queste considerazioni Bobbio le riprendeva quattro anni dopo, nel 1987, in un discorso tenuto a Madrid. Il titolo era “L’età dei diritti”, un titolo che l’aveva avvinghiato talmente tanto da dare, dopo quel titolo della conferenza, il titolo al libro del 1990. Qui riprendeva il concetto e si chiedeva se, tra le tanti incombenti sventure del momento, ci fosse qualche segno positivo. La risposta era positiva. Era il 1987; pensate oggi che le cose vanno ben peggio di allora. Ebbene, c’è un dato positivo: il problema del riconoscimento dei diritti dell’uomo, un problema che non è nato certamente oggi, ma che da nazionale è diventato internazionale, proprio a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, vedendo così rafforzati i profili che lo caratterizzano attraverso la sua positivizzazione, cioè dettando norme, generalizzandolo, se di ogni uomo non c’è ragione di limitarlo a certi mondi. Ecco che allora, dal punto di vista della filosofia della storia, continuava Bobbio, il dibattito sempre più intenso sui diritti dell’uomo può essere interpretato come un segno premonitore del progresso morale dell’umanità. E’ l’etica che balza all’orizzonte, in sintonia con ciò che aveva scritto Kant alla fine del ‘700, quando espresse una sorta di profezia - non sempre le profezie si avverano, ma sono modelli, stelle polari - che diceva: “Per la pace perpetua”, famoso opuscolo che tutti dovrebbero studiare e ristudiare continuamente, “ci vuole intesa tra i vari Stati del mondo sino al punto di arrivare a un unico grande Stato senza i litigi che le rispettive sovranità comportano”, e noi, purtroppo, vediamo come esse, le rispettive sovranità, tutelate al massimo delle gelosie di ogni singolo Stato che ha potere sovrano, hanno portato alla crisi. Sembrava a buon punto, almeno per l’Europa, la Costituzione europea che si è fermata, sperando che possa riprendere. Allora, io mi ricollego a queste parole alte e nobili, a queste considerazioni così vigorose e forti e a questa interpretazione che lui dava. I diritti umani non sono solo fini a se stessi, già questo basterebbe ad esaltarli, ma sono il presupposto, il passaggio obbligato per una pace nel mondo - per Kant una pace perpetua -. Non ci si arriverà; però, più ci si avvicina, e certamente più si riducono gli inconvenienti, più migliorerebbe la qualità della vita. Chissà se qualcuno ha fatto le stesse considerazioni che ho fatto io qualche giorno fa, quando abbiamo appreso di quelle lettere così perigliose, mandate allo stesso Prodi e ad altri personaggi europei che si battono per questa Costituzione europea. Anonime, movimenti non ben dichiarati, oppositori di fondo che non si proclamavano; sono state comunque inviate delle lettere e per alcuni giorni il timore è stato grande. Poi, usando maggiore accortezza, sono diminuite. Perché i destinatari sono state persone al proscenio sul piano dell’attuazione di un’Unione europea forte con una sua Costituzione? Il terrorismo - è un atto di terrorismo mandare lettere che comportano il rischio di esplosioni - attacca, ha degli obiettivi, vuole ostacolare traguardi, vuole rendere impervi i percorsi, perché fanno paura a coloro che operano contro questi strumenti di terrorismo. Allora, a mio avviso, quello che fino a meno di un mese fa, fino all’ultimo giorno dell’anno, si sperava, che la Costituzione potesse entrare in campo, che ci fosse l’adesione che poi è mancata - adesso si parla di un rinvio con la presidenza irlandese -, questa idea di un’Unione europea forte con una sua Costituzione che calibra i rispettivi poteri e dà un ruolo forte alla giustizia e quindi pone al centro la giurisdizione, deve far temere qualcosa a qualcuno, non certo ai singoli individui, perché tutto questo è in chiave di tutela dei diritti umani. L’uomo della strada, il semplice cittadino perché dovrebbe temere? Non ha altro da desiderare ardentemente. Vi sono, quindi, delle forze più o meno occulte che non vogliono questa Unione europea; bisogna, perciò, meditare e volerla, proprio perché si scopre attraverso questi gesti inconsulti, che può turbare chi non ha interesse ad un’attuazione dei diritti umani, chi non ha interesse che ci sia pace nel mondo. Ragione di più per combattere questa battaglia.

Il tema è ampio anche su un piano di tecnica, di considerazione dettagliata dei meccanismi. Allora chiuderò rapidamente e parlerò di un tema che, forse, avrebbe meritato più spazio; ma è stato più forte di me non pensare a Bobbio, al suo insegnamento e a queste vicende degli ultimi giorni. Qual è la situazione di tutela internazionale? L’Europa è certamente più avanti degli altri continenti, non c’è dubbio. L’Europa ha da tempo una Corte molto efficiente e questo è positivo sul piano della tutela dei diritti umani. L’Europa ha, però, un’altra Corte, altrettanto importante, che si occupa fra l’altro anche dei diritti umani, seppure, diciamo così, in modo collaterale. La prima ha sede a Strasburgo, la seconda a Lussemburgo; la prima è la Corte europea dei diritti dell’uomo, istituita nell’ambito del Consiglio d’Europa, l’altra, invece, è la Corte di giustizia dell’Unione europea ed ha sede a Lussemburgo. L’opinione pubblica, la gente comune non ha facilità di distinguere tra l’una e l’altra, perché in fondo l’una fa riferimento al Consiglio d’Europa e l’altra all’Unione europea, organismi che hanno, comunque, al centro di tutto l’Europa. Però la caratterizzazione c’è, esiste ed obbedisce a criteri distinti. Fortunatamente, queste organizzazioni, Consiglio d’Europa ed Unione europea, hanno a cuore i diritti umani e, quindi, queste due Corti fanno in modo che ci siano più strade, più concorrenza e rischio di conflitti. C’è addirittura una doppia tutela e questo ha dei vantaggi, ma può anche avere in sé dei rischi. Per questo è importante la Costituzione europea, perché chiarisce bene i rapporti con l’altra Corte. L’Unione europea, dicevo, ha come organo giurisdizionale la Corte di Lussemburgo, la quale in passato si è trovata certe volte non dico in collisione ma in concorrenza con la Corte di Strasburgo, l’altra che ha origini più antiche ed più larga, perché coinvolge tutti i paesi d’Europa, ben 46, mentre questa è l’Europa dei 15, più concentrata e più ristretta. Ebbene, i problemi di possibili contrasti che nascevano, venivano da questa Costituzione superati con un chiarimento netto nei rapporti reciproci, al punto di prevedere la possibilità, quasi incoraggiata, che l’UE divenisse membro componente anche del Consiglio d’Europa e quindi di dare apporto diretto alla Corte di Strasburgo, cioè cercare di arrivare ad una forma d’intesa tra le due Corti ed evitare contrasti e rafforzare la tutela, perché ha un senso creare una Corte, se ce n’è già un’altra, quando la duplicità rafforza la tutela. Se però la duplicità mette in crisi la tutela, la pone a rischio di contrasti e, dunque, di ritardi e questo non è positivo. Ce n’erano due, ma non in modo armonizzato; la Costituzione dava questa possibilità. Ecco perché l’auspicio che io faccio è che riprendano presto i lavori, perché è importante in sé e per sé ma soprattutto perché questa Costituzione rafforzerebbe l’intesa, a parte tanti altri aspetti positivi, ed è un robusto canovaccio di principi, un elenco di principi soprattutto sulla tutela dei diritti umani e diciamo anche, se non soprattutto, sulla pace. Speriamo ed auguri.



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