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Testi unici di legge, Stato etico e globalizzazione del diritto positivo


di Alberto Sagna - Avvocato

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1- L’esigenza di riforma nel campo giustizia va sempre più orientandosi verso la razionalizzazione e semplificazione degli strumenti legislativi

La forma del testo unico legislativo è sicuramente ben conosciuta agli operatori del diritto sin dai tempi più remoti[1], ma è innegabile che, di recente, è divenuta lo strumento primario per favorire un’armonizzazione dell’immensa, variegata e contorta massa di disposizioni legislative che affligge il nostro ordinamento giuridico.

La riorganizzazione di più disposizioni di leggi che spesso e volentieri vengono a trovarsi racchiuse in diversi fonti legislative è, o quantomeno dovrebbe essere, allora, il momento principe di una più meditata riflessione su quanto è gia stato scritto, proprio perché, talvolta, una materia viene regolamentata da più norme ognuna delle quali ha una sua diversa e precisa collocazione temporale; l’opera di sistemazione delle varie norme di legge si confronta, inoltre, con la concreta applicazione delle stesse sul piano giudiziario e non a distanza di tempo dalla loro pubblicazione.

La scelta di una completa ed organica trattazione trae il suo spirito ancestrale e più profondo nel dovere offrire il nostro ordinamento una chiara impronta di maggior efficienza e sensibilità per tutti i possibili fruitori del diritto positivo: si tratta di rendere maggiormente conoscibile un determinato settore del diritto positivo attraverso una raccolta della legislazione vigente sopra una certa materia redatta dalla pubblica autorità.

Questa opera di trascrizione può avere carattere innovativo o meno, ma in entrambi i casi è innegabile sempre un’efficacia di “interpretazione amministrativa” delle varie disposizioni di legge che può direzionarsi nella scelta e nella sua collocazione, la cui operazione comporta l’individuazione del suo oggetto, l’ambito di applicazione e, quindi, la sua efficacia stessa, da un lato, ovvero, come già detto poc’anzi, un cambiamento di rotta dettato, vuoi dalla consolidata interpretazione datane dai giudici di una certa norma, vuoi dalla ritenuta interpretazione distorsiva, talvolta fattane in più sedi applicative, che deve essere corretta.

Qualora il testo unico sia emanato dal Governo nell’esercizio del potere legislativo, dietro una specifica delega legislativa, esso costituisce nuova legge regolatrice in maniera organica e per intero della materia e le disposizioni anteriori -in quanto non ricomprese- devono considerarsi abrogate tacitamente ex art. 15 disp. prel. cod.civ .[2]

Il testo unico di natura innovativa va, però, distinto da quello avente carattere meramente compilativo, che si ha quando il governo non ha il potere di introdurre in esso innovazioni alle norme legislative vigenti, ma solamente il potere di interpretare le norme stesse in base agli orientamenti giurisprudenziali e di operare una diversa (e migliore) formulazione letterale in base alle sopravvenute modificazioni legislative del testo medesimo[3]. Nel secondo caso, infatti, il testo unico ha natura di mero atto di amministrazione generale e non di vera e propria legge delegata.

In realtà, è da sempre vivo e molto acceso il dibattito circa la natura dei testi unici e la loro suddivisione nei due menzionati gruppi.

La giurisprudenza della Suprema Corte a Sezioni Unite, con sentenza del 7.02.1989 n. 733, ha rilevato che il nostro ordinamento conosce disposizioni meramente ripetitive di altre già in vigore, come nel caso specifico di testi unici che si limitano a riprodurre tali e quali, spesso anche nella forma, disposizioni anteriori, emanate in tempi diversi, ai fini di una loro più agevole individuazione ed applicazione, sottolineando come, in proposito, occorra distinguere, in linea con l’interpretazione fornita dalla Corte Costituzionale attraverso la sentenza n. 54 del 1957, tra testi unici non innovativi o compilativi, da un lato, e testi unici innovativi, dall’altro.

La dottrina più attenta, ha peraltro osservato, quanto da noi già menzionato e cioè che, quando si opera una unificazione ed un coordinamento di discipline anteriori, il risultato non è di mera compilazione ma anche di interpretazione con un quid pluris tale da attribuirne il carattere lato di novità e perciò stesso latamente innovativo e non meramente ricognitivo[4], seppur con il doveroso rispetto del necessario distinguo, dato dal fatto stesso che, in questo caso, il testo unico difetta di quella forza e di quel valore proprio della normativa da unificare e coordinare[5].

Il punto è che, preso atto della circostanza in base alla quale una qualsivoglia attività interpretativa non può esaurirsi nell’asettica e neutra conoscenza di un diritto “preconfezionato”, ci si deve domandare quando e come gli effetti dell’unificazione e del coordinamento possano diventare giuridicamente apprezzabili.[6]

In altri termini, occorre vedere quale valore attribuire ai testi unici con carattere compilativo, se cioè alla stregua di regolamenti governativi[7], o atti amministrativi generali[8] o mere norme interne della pubblica amministrazione[9].

Una parte della dottrina rileva che trattandosi di una interpretazione amministrativa, il testo unico compilativo sarebbe tale da imporsi autoritativamente, ma provvisoriamente, sino a quando non ne venga riconosciuta l’erroneità o l’arbitrarietà alla stregua di quanto realmente significavano le norme in esso trasfuse[10].

La Corte di Cassazione a Sezione Unite pronunziandosi sulla portata di siffatti testi ha rilevato che le disposizioni meramente ripetitive sono prive di contenuto normativo ed hanno valore solo di fonte di cognizione, mentre conservano vigore le norme riprodotte e sono esse che disciplinano direttamente la materia[11].

Viene, dunque, riaffermato il principio già espresso dalla Corte Costituzionale[12] per cui i testi unici si distinguono in due categorie: quelli che per la loro formazione non richiedono esercizio di potestà legislativa delegata e quelli che sono vere e proprie leggi delegate.

Per stabilire a quale delle due categorie appartenga un determinato testo unico occorre riferirsi alla norma in base alla quale è stato emanato. Se la norma contiene una delega legislativa, il Governo ha facoltà di modificare, integrare o coordinare le disposizioni vigenti il testo unico è una vera e propria legge delegata.

Qualora, invece, la norma contiene una semplice autorizzazione, il testo unico è di mera compilazione e si concreta in un atto amministrativo[13], mentre la forza della legge e delle singole norme resta ancorata alle leggi dalle quali le norme sono tratte.







2- L’assetto normativo gravitante attorno la delicata materia dei testi unici ha di recente subìto un forte cambiamento da tre leggi: legge 15 marzo 1997, n. 59, legge 8 marzo 1999, n. 50 poi modificata dalla legge 24 novembre 2000, n. 340.

In prosieguo, verificheremo da vicino, seppur succintamente, la portata di siffatta novellazione, ma ora vogliamo soffermarci su due punti: il primo concerne l’individuazione del soggetto obbligato a dare impulso alla redazione dei testi unici.

Il Consiglio di Stato pronunziandosi in merito alla corretta individuazione del soggetto deputato al compimento delle attività necessarie alla realizzazione dei testi unici ne ha individuato il Governo, quale titolare onerato in base all’art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59.[14] *

Detta normativa prevede al comma I dell’art. 20 che annualmente il Governo presenti un disegno di legge per la delegificazione. Con il disegno di legge di cui al comma 1, il Governo propone annualmente al Parlamento le norme di delega ovvero di delegificazione necessarie alla compilazione di testi unici legislativi o regolamentari, con particolare riferimento alle materie interessate dalla attuazione della legge stessa. In sede di prima attuazione della presente legge, il Governo è delegato ad emanare, entro il termine di sei mesi decorrenti dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all'articolo 4, norme per la delegificazione delle materie di cui all'articolo 4, comma 4, lettera c), non coperte da riserva assoluta di legge, nonché testi unici delle leggi che disciplinano i settori di cui al medesimo articolo 4, comma 4, lettera c), anche attraverso le necessarie modifiche, integrazioni o abrogazioni di norme, secondo i criteri previsti dagli articoli 14 e 17 e dal presente articolo.

L’art. 9 della legge 8 marzo 1999, n. 50 ha poi prorogato i termini al 31 luglio 1999.

La seconda querelle concerne la natura di siffatti testi unici. In realtà, come vedremo a breve, l’art. 7 della legge 50/1999 prevede, tra l’altro, l’evidenziazione delle norme regolamentari e di quelle legislative presenti nel corpo del testo unico conferendone una natura mista.

Il Consiglio di Stato ad. gen. parere. 18.9.2000 ed altresì nell’ADUNANZA GENERALE - Parere 29 marzo 2001 n. 3/2001 ha avallato la natura mista ed il legislatore con l’art. 1 della legge 340/2000, nel riscrivere l’art. 7 della legge 50/1999, ha specificatamente previsto che “ciascun testo unico, aggiornato in base alle leggi di semplificazione annuali, comprende le disposizioni contenute in un decreto legislativo ed in un regolamento che il governo attua ai sensi dell’art. 14 e dell’art. 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988 n. 400”.

A differenza della legge n. 400/88, dunque, ove nulla era detto in merito alla forma ed alla natura di siffatti testi unici, il legislatore ha mutato rotta offrendo uno spunto decisivo per l’affermazione della natura e configurazione mista.

Invero, la redazione del testo unico trova la sua fonte e fondamento nella delega conferita al Governo ai sensi dell’articolo 7, commi 1 e 2, della legge 8 marzo 1999, n. 50, come modificato dall’articolo 1 della legge 24 novembre 2000, n. 340, il quale prevede l’emanazione di testi unici intesi a riordinare specifiche materie, tra cui quelle indicate all’art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59. A sua volta, questo, al comma 8, prevede l’emanazione di regolamenti di delegificazione per la disciplina delle materie e dei procedimenti di cui all’allegato 1. Il testo unico, quindi, oltre che l’individuazione del testo vigente delle norme, l’indicazione delle norme vigenti e abrogate, ed il coordinamento formale del testo delle disposizioni ancora in vita, si prefigge lo scopo di delegificare le norme primarie concernenti gli aspetti organizzativi e procedimentali afferenti secondo i criteri fissati dall’art. 20 della legge n. 59 del 1997. Al tempo stesso, il rango delle norme primarie concernenti il regime sostanziale può rimanere invariato, così come le norme già di livello regolamentare. Il testo unico contiene, dunque, norme primarie (quelle a contenuto sostanziale), norme primarie delegificate (quelle procedimentali e organizzative) e norme secondarie che sono rimaste tali. Tale impostazione, oltre a corrispondere alle risoluzioni adottate dalle Camere in sede di parere sulla relazione del Governo al Parlamento sul riordino normativo, è chiarita nel nuovo testo dell’articolo 7, comma 2, della legge n. 50 del 1999, come introdotto dall’art. 1, comma 6, lett. e) della legge 24 novembre 2000, n. 340, secondo cui il testo unico deve comprendere sia disposizioni che vanno contenute in un decreto legislativo, sia disposizioni che vanno contenute in un apposito regolamento di delegificazione. Una tale diversificazione formale, pur nel quadro di un medesimo corpo normativo, consente anche di evitare l’inconveniente di una rilegificazione di norme secondarie, che altrimenti sarebbe indotta dalla compresenza, in un medesimo atto, di disposizioni da collocare diversamente nella gerarchia delle fonti. A tal fine, in materia di redazione del testo unico di edilizia, sono stati elaborati tre testi distinti (A, B, C): il testo A, che contiene l’insieme di tutte le disposizioni legislative e regolamentari e consente di apprezzare l’impianto normativo nel suo insieme; il testo B, recante le sole norme di rango legislativo, che sarà emanato con decreto legislativo; il testo C, recante le disposizioni non legislative, che sarà invece emanato con la procedura propria dei regolamenti di delegificazione.







3- La Costituzione italiana non offre alcun cenno alla redazione compilazione dei testi unici, ma il nostro sistema ordinamentale appare oramai decisamente orientato per l’adozione annuale di leggi di semplificazione che provvedano al riordino di vari settori del diritto.

Già con la legge 23 agosto 1988 n. 400 si era previsto che l'Ufficio centrale per il coordinamento dell'iniziativa legislativa e dell'attività normativa del Governo, aveva il compito di segnalare la necessità di procedere alla codificazione della disciplina di intere materie o alla redazione di testi unici. Tali rapporti vengono inviati a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri, alla Presidenza della Camera dei deputati e alla Presidenza del Senato della Repubblica.

In relazione a testi normativi di particolare rilevanza l'Ufficio provvede a redigere il testo coordinato della legge e del regolamento vigenti.

Le indicazioni fornite e i testi redatti dall'Ufficio hanno funzione esclusivamente conoscitiva e non modificano il valore degli atti normativi che ne sono oggetto.

Il decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 1 regolamenta l'organizzazione e l'attività dell'Ufficio prevedendo la possibilità che questo si avvalga di altri organi della pubblica amministrazione e promuova forme di collaborazione con gli uffici delle presidenze delle giunte regionali al fine di armonizzare i testi normativi statali e regionali.

Invero, il primo decisivo impulso in termini di vera e propria semplificazione lo ha fornito la legge 15 marzo 1997, n. 59 (c.d. legge Bassanini) ove si è prevista (art. 20 L.1997/59) la presentazione da parte del Governo entro il 31 gennaio di ogni anno, di un disegno di legge relativo ai procedimenti da delegificare e semplificare (c.d. legge annuale di semplificazione), con l’emanazione di appositi regolamenti di delegificazione che sostituiscono nel tempo, semplificandole, le norme di legge che disciplinano i singoli procedimenti amministrativi.

Ma la vera novità è da rinvenire nella successiva legge 8 marzo 1999, n. 50 (c.d. legge Bassanini, pubblicata in G.U. 9 marzo 1999 n.56) denominata, appunto, “delegificazione e testi unici di norme concernenti provvedimenti amministrativi. Legge di semplificazione 1998”, a sua volta modificata dalla legge 24. 11. 2000 n. 340.

L’art. 7 dedicato proprio ai testi unici, prevede che il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta, secondo gli indirizzi previamente definiti entro il 30 giugno 1999 dalle Camere sulla base di una relazione presentata dal Governo, il programma di riordino delle norme legislative e regolamentari che disciplinano le fattispecie previste e le materie elencate: a) nell'articolo 4, comma 4, e nell'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59 , e successive modificazioni e nelle norme che dispongono la delegificazione della materia ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 ;

b) nelle leggi annuali di semplificazione;

c) nell'allegato 3 della presente legge;

d) nell'articolo 16 delle disposizioni sulla legge in generale, in riferimento all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 ;

e) nel codice civile, in riferimento all'abrogazione dell'articolo 17 del medesimo codice;

f) nel codice civile, in riferimento alla soppressione del bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata e del bollettino ufficiale delle società cooperative, disposta dall'articolo 29 della legge 7 agosto 1997, n. 266 ;

f-bis) da ogni altra disposizione che preveda la redazione dei testi unici.

Il secondo comma del medesimo articolo della citata legge, recita che, al riordino delle norme di cui al comma 1, si procede entro il 31 dicembre 2002 mediante l'emanazione di testi unici riguardanti materie e settori omogenei, comprendenti, in un unico contesto e con le opportune evidenziazioni, le disposizioni legislative e regolamentari. A tale fine, ciascun testo unico, aggiornato in base a quanto disposto dalle leggi di semplificazione annuali, comprende le disposizioni contenute in un decreto legislativo e in un regolamento che il Governo emana ai sensi dell'articolo 14 e dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, attenendosi ai seguenti criteri e princìpi direttivi:

a) delegificazione delle norme di legge concernenti gli aspetti organizzativi e procedimentali, secondo i criteri previsti dall'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59 , e successive modificazioni;

b) puntuale individuazione del testo vigente delle norme;

c) esplicita indicazione delle norme abrogate, anche implicitamente, da successive disposizioni;

d) coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo;

e) esplicita indicazione delle disposizioni, non inserite nel testo unico, che restano comunque in vigore;

f) esplicita abrogazione di tutte le rimanenti disposizioni, non richiamate, che regolano la materia oggetto di delegificazione con espressa indicazione delle stesse in apposito allegato al testo unico;

g) aggiornamento periodico, almeno ogni sette anni dalla data di entrata in vigore di ciascun testo unico, ( articolo poi abrogato dalla legge 340/2000, art. 1;

h) indicazione, per i testi unici concernenti la disciplina della materia universitaria, delle norme applicabili da parte di ciascuna università salvo diversa disposizione statutaria o regolamentare.

Dalla data di entrata in vigore di ciascun testo unico sono, comunque, abrogate le norme che regolano la materia oggetto di delegificazione, non richiamate ai sensi della lettera e) del comma 2.

Lo schema di ciascun testo unico è deliberato dal Consiglio dei ministri, valutato il parere che il Consiglio di Stato deve esprimere entro trenta giorni dalla richiesta. Lo schema è trasmesso, con apposita relazione cui è allegato il parere del Consiglio di Stato, alle competenti Commissioni parlamentari che esprimono il parere entro quarantacinque giorni dal ricevimento. Ciascun testo unico è emanato, decorso tale termine e tenuto conto dei pareri delle Commissioni parlamentari, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro per la funzione pubblica, previa ulteriore deliberazione del Consiglio dei ministri.

Il Governo può demandare la redazione degli schemi di testi unici ai sensi dell'articolo 14, 2°, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 , al Consiglio di Stato, che ha la facoltà di avvalersi di esperti, in discipline non giuridiche, in numero non superiore a cinque, scelti anche tra quelli di cui al comma 1 dell'articolo 3 della presente legge. Sugli schemi redatti dal Consiglio di Stato non è acquisito il parere dello stesso previsto ai sensi dell'articolo 16, primo comma, 3°, del citato testo unico approvato con regio decreto n. 1054 del 1924 , dell'articolo 17, comma 25, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e del comma 4 del presente articolo.

Le disposizioni contenute in un testo unico non possono essere abrogate, derogate, sospese o comunque modificate se non in modo esplicito, mediante l'indicazione precisa delle fonti da abrogare, derogare, sospendere o modificare. La Presidenza del Consiglio dei ministri adotta gli opportuni atti di indirizzo e di coordinamento per assicurare che i successivi interventi normativi incidenti sulle materie oggetto di riordino siano attuati esclusivamente mediante la modifica o l'integrazione delle disposizioni contenute nei testi unici.

Relativamente alle norme richiamate dal comma 1, lettere d), e) e f), si procede all'adeguamento dei testi normativi mediante applicazione delle norme dettate dal comma 2, lettere b), c) e d), e dal comma 4 della citata legge.





4- Scriveva Hegel che ciò che è razionale è reale e ciò che è reale è razionale: le norme del diritto privato, in primis, disciplinano i complessi e multiformi rapporti di interazione tra gli individui nel quotidiano vivere sociale e cioè niente di più razionale che la concreta regola per stipulare un contratto di compravendita o per beneficiare di una successione ereditaria, o ancora per costituire una società a fini imprenditoriali e così via via discorrendo.

Nella redazione e nella stesura dei testi unici può, peraltro, entrare in gioco il fattore etico: una società che detta siffatte regole esprime tendenzialmente, fermo restando i doverosi correttivi all’uopo predisposti per emendare o reagire contro norme ingiuste e illegittime, il proprio spirito oggettivo e la sua eticità, in quanto traduce e manifesta lo spirito del vivere sociale del proprio popolo.

L’ampiezza e la complessità delle attuali regole legislative non solo nel campo del diritto privato, ma anche in quello pubblico, sono il risultato di un determinato tipo di società e di una certa impronta economica, in continua fase di sviluppo e perenne trasformazione.

Questa tradotta ed espressa eticità, che è alto momento di confronto tra teoria e prassi, tra l’astratto ed il concreto, ha un peso particolare sia per l’autorevolezza costituzionalmente riconosciuta e garantita, sia per i risultati e gli obbiettivi che essa si prefigge e poi persegue volontariamente o di fatto.

Occorre fare un’ulteriore riflessione che dà anima e corpo a queste brevi e succinte considerazioni: se lo Stato, attraverso la “normazione”, esprime dei valori etici in quanto traduce il costume del proprio popolo, è perché allo Stato e, quindi, alla comunità associata, che viene affidata la facoltà, o meglio, il potere di offrire una uniforme disciplina del settore cui va ad operare e ad incidere.

La linea guida resta sempre l’uniformità, intesa non come livellamento o appiattimento, ma nella sua accezione di comprendere le varie disposizioni senza che una si contraddica con l’altra, rimettendo alla realtà concreta il giudizio sulla cattiva o buona “normazione” di un sistema legislativo, perché è proprio da essa che ha tratto il suo essere e deve trarre il suo divenire: insomma, la sintesi di più leggi è la sintesi di più realtà, lo specchio in cui il legislatore vede e si confronta dialetticamente con la realtà sociale, culturale, politica, che lo circonda.

In questa sede entrano in gioco gli strumenti attraverso il quale lo Stato guarda se stesso e mantiene quel sapiente equilibrio tra l’ideale ed il reale.

L’idea di uno Stato etico, la cui eticità viene attualizzata anche attraverso i testi unici di legge, è ancora più chiara nel necessario confronto con i sistemi legislativi di altre nazioni ed altresì nell’appartenenza all’Unione Europea attraverso le leggi c.d. comunitarie.[15]

Il “dono” di sintesi dei valori di un determinato popolo va affrontato anche alla luce dei valori espressi da altri ordinamenti, attraverso un continuo raffronto.

Globalizzazione del diritto positivo può, allora, voler semplicemente dire tener nel debito conto gli interessi di una collettività più ampia, né più né meno, senza nulla togliere a quelle differenziazioni giustificate da ragioni obiettive, evitando, dunque, discriminazioni, soprusi o autoritarismi impositivi attuati senza confronto e dialettica.

Che poi lo stesso fenomeno, che noi abbiamo qui richiamato con la formula meramente descrittiva di globalizzazione del diritto positivo, è lo stesso che si verifica a livello nazionale quando il diritto privato si confronta con il diritto pubblico e cioè laddove il singolo privato si scontra con l’autorità pubblica, dovendosi garantire, nel rispetto delle differenti e, talvolta, contrapposte posizioni, finalità ed interessi, un’armonizzazione, dando cioè vita ad un nuovo corpo di norme atte a salvaguardare e riaffermare la regola della parità di armi ed a baluardo dei diritti fondamentali: è il diritto privato che rafforza il suo esistere attraverso un sistema di pregnante tutela consumeristica e cioè con il pieno riconoscimento ad ogni livello di un sistema di diritto dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici.

In questo contesto si inseriscono a pieno titolo le carte dei servizi, volte ad apprestare un meccanismo di protezione preventiva consistente essenzialmente nell’individuazione di misure organizzative idonee ad assicurare agli utenti un più elevato livello qualitativo dei servizi: alla concezione di pubblico servizio diviene coessenziale l’obbiettivo della piena soddisfazione dei clienti istituendo un vero e proprio patto obbligatorio tra privati e autorità pubblica.

Il panorama normativo viene, allora, arricchito attraverso il d.lg. 30 luglio 1999 n. 286 ove, all’art. 11, vengono fissati, appunto, i parametri guida per l’emanazione delle carte dei servizi: promuovere il miglioramento della qualità; assicurare la tutela effettiva dei cittadini e degli utenti; consentire la partecipazione, in forma anche associativa, alle procedure di valutazione e di definizione degli standards qualitativi, con previsione di indennizzi automatici forfettari.

Quanto detto per affermare che l’alto valore etico si esprime laddove l’interesse essenziale della persona, ammantato dal magnificente velo della norma, incarna ed esprime l’appartenenza ad una collettività e non il frutto distorto di fini diversi, senza cioè travestimenti di sorta.

Di recente, tuttavia, il nostro paese ha attraversato un periodo di contestazioni, volto ad esprimere un potenziale pericolo: gruppi di privati, sotto forma di imprese o altro, si afferma, sembrerebbero operare, sul mercato, attraverso sofisticate e moderne tecnologie di scambio e informazione modificando la realtà a loro comodo e piacimento, in più modi e con diverse misure.

Si potrebbe dire che il principio fondamentale che sottostà ad ogni contrattazione, che è quello della libera ed autonoma regolamentazione dei propri interessi, starebbe per implodere: la globalizzazione, così è stato etichettato il fenomeno dalle mille e più sfaccettature e lati ancora oscuri, conterrebbe, cioè, in sé, il rischio di ridurre la libertà collettiva, propinando modelli e stili di vita riassuntivi e non rappresentativi. Criticamente si afferma che la globalizzazione, attraverso il dinamico agire delle sue imprese multinazionali, rappresenterebbe una sorta di internazionalizzazione del capitalismo giungendo a determinare una crescente omologazione, a livello mondiale, della domanda di beni reali, una standardizzazione dei comportamenti antropologico-culturali , sino a portare ad una crisi dello stato nazione e della sua sovranità.[16]

Se così stiano le cose è difficile a dirsi e sicuramente non è questa la sede, né spetta a chi scrive fare affermazioni, ma crediamo che sia possibile che venga travisato il fenomeno (di legge) sopradescritto laddove non venga compresa a pieno la portata omniespressiva del termine “globalizzazione”, il quale, ovviamente è solo una formula di comodo che nel campo del diritto positivo sembra trovare una felice strada ed un percorso migliorativo e non peggiorativo: se una norma sintetizza un dato della realtà attraverso un testo unico che, però, non ci appartiene o la norma è sbagliata e va corretta, emendata, con tutti gli strumenti all’uopo predisposti e dall’ordinamento, o forse non va applicata; ovvero, più semplicemente, talvolta, resta alla nostra libera scelta se conformarci o meno a quel comando: la reazione del singolo di fronte ad una ritenuta ingiustizia derivante da una “globalizzazione del diritto” è rimessa in prima battuta alla autodeterminazione del singolo stesso, alla partecipazione attiva nel momento fisiologico della formazione secondo le previsioni e i doverosi meccanismi forniti dalla legge, dal suo grado di coscienza civile e sociale, dal suo potere di reattività (e qui sta nella riaffermazione stessa del differente senso di libertà dell’individuo, piuttosto che di differenti libertà e conseguenti imparzialità, o almeno così dovrebbe essere…).

Ma vogliamo essere più diretti: se si vuole criticare il termine globalizzazione del diritto si dovrebbe avere il coraggio di criticare a priori e di per sé l’idea di un testo unico o peggio un contratto collettivo di diritto comune disciplinante una serie indeterminata di rapporti di lavoro tra privato ed impresa, o ancora, uno statuto dei lavoratori, mentre in realtà ben si sa che queste regole sono fondamentali per tutelare il lavoratore ad esempio, ingiustamente dequalificato, licenziato o trasferito.

Se il metodo della sintesi espressiva di più valori non viene accettato, si può incorrere nel rischio di non calarsi nella realtà concreta, di cui la norma è o dovrebbe essere, lo specchio con cui confrontarsi dialetticamente: c’è situazione e situazione c’è una norma buona ed una pessima.

Il peso della “globalizzazione positiva ” è poi diverso a seconda che la regola sia giuridica o semplicemente morale; nel secondo caso, il valore etico che essa esprime non deve essere obbligatoriamente osservato, ma è rimesso solo ed esclusivamente alla singola coscienza che va, però, soggetta a condizionamenti dei costumi e del vivere sociale.

Le formule di sintesi ed i vocaboli usati come “armonizzazione”, “globalizzazione del diritto positivo”, non sono, dunque, altro che strumenti di comodo che nulla dicono o esprimono rispetto al fenomeno stesso, al suo contenuto, alle sue finalità, alla sua attuazione (buona o cattiva), al suo costante divenire e, prima di tutto, poco ci raccontano in merito ai soggetti chiamati ad esprimere il fenomeno: in altre parole è come dire che dietro l’idea c’è il tutto ed il contrario di tutto.

L’operatività di una norma e la sua esistenza stessa traggono la loro legittimazione direttamente nell’adeguarsi alla mutevole realtà sociale ed i testi unici legislativi funzionano non tanto perché raggruppano più norme, ma in quanto trovano il consenso dell’individuo come singolo e al tempo stesso membro di una comunità di un gruppo sociale, di un ordinamento, di una unione di più stati.

Quello che conta, a nostro avviso, è garantire all’interno di una collettività l’esistenza di validi strumenti atti a monitorare e saggiare in ogni momento il livello di corrispondenza biunivoca tra interessi collettivi e/o del singolo individuo, da un lato, e regola, morale o giuridica, dall’altro: il valore etico dello stato nel momento della normazione sta allora proprio nel perseguimento di questa garanzia di rispondenza, che diviene, talvolta, solo latamente tendenziale laddove essa non costituisce solo un miglioramento della società civile, così come una data legge economica di ampliamento degli strumenti produttivi può non corrispondere alle esigenze di rispetto dell’integrità ambientale naturale.

Così, proprio in relazione ai testi unici, in presenza della totale identità tra una norma censurata ed altra contenuta in un successivo testo unico di coordinamento, è consentito ricorrere alla Corte Costituzionale, al fine di far sottoporre allo scrutino di costituzionalità la norma censurata, il cui esito si deve considerare esteso alla previsione del testo unico stesso.[17]

Pertanto, anche laddove ci si trovi di fronte ad una disposizione contenuta in un testo unico a carattere compilatorio, privo di forza di legge perché non adottato sulla base di una delega legislativa, qualora tale disposizione risulti dalla fusione di due precedenti norme aventi forza di legge, è pienamente ammissibile il controllo da parte della Corte Costituzionale.[18]

La forza di una norma[19] non è data, infatti, (solo) dalla sanzione ma (anche) dalla sua potenziale adattabilità ad una serie astratta e generalizzata di individui che la riconoscono come tale e, pertanto, “globalizzazione del diritto positivo “ può voler dire andare alla ricerca di più regole che trovano più consensi, attraverso strumenti validi e leciti per un fine meritevole che altro non può essere il tentativo, giorno per giorno, momento storico per momento storico, del miglioramento della vita.

In realtà, chi scrive è un convinto assertore del fatto che dietro l’uso di alcuni vocaboli (globalizzazione) si debba vedere solamente lo sforzo di fornire una interpretazione di un dato fenomeno sociale: questo processo interpretativo comporta l’uso dello strumento della logica e del metodo empirico-sperimentale, per cui alla formulazione di una teoria, intesa come ipotesi ricostruttiva di un certo fenomeno, non può che assegnarsi il carattere di provvisorietà, in quanto le asserzioni di base debbono e possono sempre venire confutate da controlli futuri.

A conclusione di questa breve indagine, preme sottolineare un primo timido segnale della presa di coscienza di un necessario controllo garantista in ordine all’effettiva corrispondenza biunivoca tra norma e vivere sociale: in data 20 marzo 2000, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha emanato una direttiva (pubblicata in G.U. 28 maggio 2000, n.118), che prevede tempi e modalità per l’Analisi Tecnico Normativa (ATN) e per l’Analisi dell’Impatto della Regolazione (AIR), al fine di verificare l’incidenza normativa proposta sull’ordinamento giuridico vigente e l’impatto di queste regole sull’organizzazione pubbliche, sui cittadini e sulle imprese.

Ci auguriamo ulteriori passi che diano segnali di un positivo riscontro.

Il testo unico legislativo che contiene in sé quello che abbiamo definito una piccola globalizzazione del diritto positivo, è, allora, solo un mero dato di partenza, il quale ha il compito ben preciso di trovare un terreno fertile, con gli opportuni adattamenti e correttivi, su cui coltivare la via della retta applicazione, ove evitare una frammentazione di più norme, talvolta astruse, contraddittorie e di difficile comprensione, di stampo e sapore meramente burocratico, imponendo così una modernizzazione del linguaggio giuridico ed al tempo stesso una propensione all’incessante e faticoso cammino del miglioramento di una società civile.

Dalla strenua ricerca del significato del termine “globalizzazione del diritto”, deve nascere qualcosa di positivo: è un monito, una sfida con i tempi al miglioramento dei sistemi di accertamento sia della effettiva qualità della norma che della sua conoscibilità intesa anche come intelligibilità e non solo, quindi, rappresentativa della sua (già innumerevole) presenza a livello quantitativo.

Infine, non può sottacersi che la legge proprio perché deve essere generale, per riprendere la magistrale definizione di Rousseau, allo stesso tempo ha l’obbligo di considerare “ i sudditi come corpo e le azioni come astratte, mai un uomo, come individuo, né un’azione particolare”: generalità, intesa, allora, come rispetto del fondamentale e sacrosanto principio di eguaglianza[20].



Avv. Alberto Sagna





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[1] Cfr. CAMMEO, Corso di dir. amm., (1911-1914), ris.Padova, 1960, 230ss; TOSATO, Le leggi di delegazione, Padova, 1931, 21ss; PIERANDREI, Intorno alla validità dei testi unici relativi ad alcune imposte di fabbricazione, in Dir. econ., 1958,419; CASETTA, Testi unici e delegazione legislativa, in Giur.it., 1958,I,1,163.; CARLASSARRE CAIANI, Sulla natura giuridica dei testi unici, in Riv.trim.dir.pubbl.,1961; ROSSANO, I testi unici nell’esercizio della funzione amministrativa e di quella legislativa, in Rass.dir.pubbl., 1963,185.; CHELI, Aspetti problematici del sindacato di costituzionalità sui testi unici di mera compilazione, in Giur. Cost., 1970,387; ID., Testo unico, in Noviss.Dig. it., vol. XIX,1973,309.



[2] Cfr. Cass. 29.12.1989, n.5827.



[3] Cfr. Cons. Stato ad.gen 6.12.1990, n. 149. L’uso del termine compilativo, criticato dalla dottrina poiché nasconde il carattere innovativo nella interpretazione, è mutuato dalla risalente giurisprudenza della Corte Costituzionale: Corte Cost. 17.04.1957, n. 54; Corte Cost.17.05.1961, n.24; Corte Cost.10.04.1962, n.32; Corte Cost. 23.06.1964, n.57.



[4] Cfr. ANGIOLINI, Testi unici, in Enc. dir., vol. XLIV, Milano, 1992, pag. 526; ESPOSITO, Testi unici, in Nov. Dig. it., vol. XII, pt.II, 40, 181.



[5] Cfr. ANGIOLINI, Testi unici, cit., pag. 526, il quale prende le condivisibili distanze dalla tesi dell’Esposito nella sua accezione più pura, per ribadire che ciò che conta è verificarne l’efficacia sul piano giuridico, pur ribadendo la innovatività.

[6] Cfr. ANGIOLINI, Testi unici, cit.,pag. 530.

[7] Cfr. CHELI, Testo unico, in Noviss. Dig. it., vol. XIX, 1973, 309; PIZZORUSSO, Fonti del diritto, in Commentario del codice civile a cura di Scialoja e Branca, Disposizioni sulla legge in generale ( art. 1-9), Bologna Roma, 1977, 301.

[8] Cfr. ROSSANO, I testi unici nell’esercizio della funzione amministrativa e di quella legislativa, in Rass. dir. pubbl., 1963, 185.

[9] Cfr. CASETTA, Testi unici e delegazione legislativa, in Giur.it, 1958,I,1,163.

[10] Cfr. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale,II,I, L’ordinamento Costituzionale Italiano (Le fonti normative), Milano, 1984, 7, il quale riprende la tesi di Cammeo, in Corso di dir. amm. (1911-1914), rist.., Padova, 1960, p.320.

[11] Cfr. Cass. sez. Un., 7.02.1989, n. 733.

[12] Cfr. Corte Cost. 10.04.1957, n. 54; Corte Cost. 5.06.1952, n. 51.

[13] Cfr. Cass. sez. Un., 7.02.1989, n. 733; Cons. Stato, ad.gen. 6.12.1990, n. 149; Cons. Stato, 31.03.1983, n. 179; Corte Cost. 10.04. 1957, n. 54; Corte Cost. 5.06.1952, n. 51.



[14] Cfr. Cons.Stato, 28.10.1997, n. 1407. *[N.D.R. l'art. 20 della legge 59/1997 è stato sostituito dalla legge 19 luglio 2003, n. 229, la legge di semplificazione 2001].

[15] Nel delicato compito di mediare il diritto interno con quello comunitario si sono stabilite delle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari. La legge 9 marzo 1999 n. 86, così come modificata dalla L. 24 aprile 1998 n. 128, dalla legge 5.02.1999 n. 25, dalla legge 21.12.1999 n. 526 e dalla legge 29 dicembre 2000 n. 422 (art. 1bis), stabilisce che il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro competente per le politiche comunitarie trasmettono alle Camere, nonché alle Regioni anche a Statuto speciale e alle province autonome, contestualmente alla loro ricezione, i progetti degli atti normativi e di indirizzo emanati dagli organi dell’Unione Europea e delle Comunità Europee, nonché gli atti preordinati alla formulazione degli stessi indicando la data presunta per la loro discussione o adozione da parte degli organi preposti. le commissioni parlamentari formulano osservazioni e adottando ogni opportuno atto di indirizzo al Governo; le regioni e le province autonome possono, inoltre, inviare osservazioni allo stesso. Qualora le osservazioni e gli atti di indirizzo parlamentare non pervengano al governo, in tempo utile, esso può procedere alle attività di propria competenza per la formazione dei relativi atti dell’Unione Europea e delle Comunità europea. La citata c.d. legge comunitaria contiene:a) disposizioni modificazione ed abrogative di norme vigenti in contrasto con gli obblighi comunitari; b) disposizioni occorrenti per dare attuazione o assicurare l’applicazione degli atti comunitari, anche mediante delega legislativa al Governo; c) autorizzazione al Governo ad attuare direttive in via regolamentare.

[16] Cfr. sull’argomento, ex plurimis, secondo diverse impostazioni, ALESSANDRO BARICCO, Next, Feltrinelli, 2002; CECCHI PAONE, Si global. Ragioni e vantaggi della globalizzazione, il Saggiatore, 2002; DEL DEBBIO, Global, Mondadori, 2002; FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE, Globalization: Threat or Opportunity? IMF Iussue Briefs, Washington D.C., 2002; STIGLITZ, La globalizzazione ed i suoi oppositori, Einaudi, 2002; SASSEN, Globalizzati e scontenti, il Saggiatore, 2002; SEN, Globalizzazione e libertà, Mondadori, 2002; NAOMI KLEIN, No logo. Economia globale e nuova contestazione. Baldini & Castoldi, 2001; TETTAMANZI, Globalizzazione: una sfida, Piemme, 2001; HELD e MC GREW, Globalismo e Antiglobalismo, Il Mulino, 2001; BLACK e BRAINERD, Importing Equality? The effect of Increased Globalization on the Gender Wage Gap, Federal Reserve Bank of New York, 2000; TOMLINSON, Globalization and Culture, University of Chicago, 1999; BURTLESS, Globaphobia: Confronting Fears About Open Trade, Brookings Insitution Press, 1998.

[17] Cfr. Corte Cost., 17 .07.1998, n. 278.

[18] Cfr. Corte Cost., 20.03.1969, n. 46

[19] Cfr. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, II, 1, Padova 1984; KELSEN, La dottrina pura del diritto (trad.it), Torino, 1966; CRISAFULLI, Disposizione e norma, in Enc. Dir., 1964; AMATO, Rapporti, tra le norme primarie e secondarie, Milano, 1962; BOBBIO, Teoria della norma giuridica, Torino, 1958; DE VALLES, La norma giuridica, in Scritti per la Cedam; II, Padova, 1952; ESPOSITO, Norma giuridica, in Nuovo dig.it., 1937.

[20] Il presente articolo è stato pubblicato sulla Rivista Il Nuovo diritto, 2003, fasc. 9, 689, anche in cooperazione con la Rivista Diritto.it.



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