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Il matrimonio gay sbarca sulla East Coast


di Maria Rosaria Marella - Università di Perugia

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"Il matrimonio è sostanzialmente da intendersi come un impegno esclusivo e permanente che gli sposi assumono l’uno nei confronti dell’altro, e non come un’istituzione finalizzata alla procreazione”. Esso costituisce un formidabile strumento di organizzazione sociale: “è centrale nell’identificazione degli individui da parte dell’ordinamento, è mezzo di distribuzione della proprietà, di sostentamento e di cura per minori e adulti, è strumento di rilevazione di importanti dati di carattere demografico ed epidemiologico”. “A chi si sposa il matrimonio riserva enormi vantaggi personali e sociali. … Incoraggia la creazione di un nuovo stile di vita, non ne produce uno preordinato, promuove un’armonico vivere insieme, non una fede politica, favorisce la lealtà reciproca fra gli sposi, non un determinato progetto …sociale”.
Dal matrimonio derivano poi particolari diritti e benefici ai coniugi, non altrimenti garantiti dal diritto, che toccano sostanzialmente quasi ogni aspetto della vita e della morte. Benefici fiscali, benefici previdenziali e assicurativi di vario genere, l’acquisto di beni sottoposti ad un particolare regime, il diritto agli alimenti, il diritto alla divisione dei beni acquistati durante il matrimonio in caso di divorzio, diritti successori per il coniuge superstite e per i figli, il diritto al risarcimento del danno da morte del coniuge, ecc.
Se tutto questo è vero, la libertà di sposarsi rappresenta un vero e proprio diritto fondamentale della persona, come tale protetto dalla clausola del due process e riconosciuto a tutti gli individui; un diritto fondamentale del quale la libertà di scegliere chi sposare rappresenta una componente costitutiva e ineliminabile. Se infatti il matrimonio rappresenta lo strumento e il presupposto necessario per assumere una certa posizione di fronte alla società e di godere di determinati diritti, la scelta se sposarsi o meno e chi sposare costituiscono un momento centrale dell’autodeterminazione e della libera costruzione della sfera privata individuale.
Ne deriva che precludere l'accesso al matrimonio sulla base del mero orientamento sessuale delle persone costituisce un'irragionevole violazione del principio di uguaglianza e del due process of law. Il rispetto dei principi costituzionali impedisce dunque al legislatore di escludere dal matrimonio intere categorie di soggetti, ovvero di imporre attraverso il matrimonio l’adozione di un determinato stile di vita. Una legislazione che definisca il matrimonio come eterosessuale o necessariamente finalizzato alla procreazione è pertanto intrinsecamente e intollerabilmente discriminatoria. Perciò illegittima.
In base a quest'ordine di considerazioni la Corte Suprema del Massachusets nel novembre scorso ha accolto il ricorso di otto coppie omosessuali e dichiarato incostituzionale la legge statale che regola il rilascio delle licenze matrimoniali, così estendendo l'istituto del matrimonio alle coppie dello stesso sesso. In tal modo il c.d. gay marriage viene accolto nel Massachussets, seguendo l’esempio di Olanda, Belgio, dello stato delle Hawaii e delle province canadesi del Quebec e dell’Ontario.
Non è peraltro un caso che la decisione segua di pochi mesi una storica sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, Lawrence v. Texas (539 U.S. - 2003), che nel giugno scorso, mutando il proprio orientamento in merito alle relazioni omosessuali, ha dichiarato incostituzionale una legge dello stato del Texas che vietava gli atti sessuali fra persone dello stesso sesso, anche ove compiuti in un luogo privato; ciò sulla base del principio per cui lo stato non può interferire con le scelte sessuali e le relazioni intime che intercorrano fra adulti consenzienti, ancorché talune di esse abbiano tradizionalmente incontrato lo sfavore di quell'ordinamento giuridico e siano screditate dalla morale comune. Richiamando questa decisione, la Corte Suprema del Massachusets afferma allora che la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, del diritto delle persone omosessuali - in questo caso - ad accedere al matrimonio a pari condizioni rispetto ai cittadini eterosessuali, non può arretrare davanti al fatto che una parte consistente dell'opinione pubblica americana ritiene le relazioni omosessuali immorali. Come la Corte esplicitamente afferma, i principi sanciti dalla costituzione non trovano infatti la propria legittimazione nella condivisione dei valori espressi dalla maggioranza dei componenti di una data comunità, e la loro interpretazione non è dunque tenuta a rispecchiare tali valori: “Our obligation is to define the liberty of all, not to mandate our own moral code” (citando Planned Parenthood of Southern Pa. v. Casey, 505 U.S. – 1992).
Per altro verso sarebbe sbagliato ritenere che una corte deputata a valutare la conformità delle leggi alla costituzione di uno stato - in questo caso alla costituzione del Massachusets - nel decidere della legittimità della disciplina che regola l'accesso al matrimonio, debba necessariamente attenersi, ed anzi, sentirsi vincolata, al rispetto della nozione di matrimonio storicamente tramandatasi nel common law, dunque alla nozione tradizionale di matrimonio come unione fra un uomo e una donna. In realtà, l'istituto del matrimonio non è affatto rimasto uguale a se stesso nel corso del tempo, ma al contrario ha subito modificazioni profonde particolarmente nella realtà americana, dove una svolta altrettanto epocale è stata segnata alla fine degli anni '60 dalla Corte Suprema degli Stati Uniti con l'abolizione del divieto di concludere matrimoni interrazziali (Loving v. Virginia, 388 U.S. - 1967). Anche in quel caso è stato superato un limite che appariva connaturato alla nozione di matrimonio vigente fino ad allora nella tradizione giuridica americana: lo stesso ritiene la Corte debba ora avvenire con riguardo al paradigma della eterosessualità.
A questo proposito è senz'altro vero che il matrimonio è un'istituzione se non in crisi, quanto meno in fase di profonda trasformazione nella società americana: non solo il numero dei divorzi è molto elevato, ma il matrimonio come tradizionale unione di un uomo e una donna ha perso la propria centralità e le famiglie legittime fondate sul matrimonio rappresentano ormai solo una piccola percentuale del totale delle famiglie americane. In alcuni passaggi sembra dunque che la Corte rivendichi il merito di difendere e promuovere l'istituzione del matrimonio con la propria decisione di aprirne l'accesso alla realtà delle famiglie omosessuali: “Il matrimonio – si legge in esordio – è un’istituzione sociale di vitale importanza; l’impegno esclusivo reciprocamente assunto dagli sposi alimenta l’amore e la solidarietà, con ciò favorendo la stabilità complessiva della società”.
Ma non ci si poteva certo attendere che la sentenza fosse per ciò stesso accolta con favore dai conservatori americani. Al contrario la questione del matrimonio omosessuale è finita al top dell'agenda politica di George W. Bush alla vigilia della campagna per la sua rielezione. In particolare i cristiani intransigenti, componente importantissima dell'elettorato del presidente, stanno esercitando una pressione fortissima perché la riaffermazione della famiglia tradizionale diventi un obiettivo primario nel programma politico di Bush. In questo quadro si colloca lo stanziamento di un miliardo e mezzo di dollari destinato dall'Amministrazione americana ad una massiccia campagna di promozione del matrimonio presso i ceti meno abbienti, che mostrano la maggiore disaffezione nei confronti del matrimonio.
Ma questo non basta a attenuare le preoccupazioni dei conservatori di fronte alla prospettiva aperta dai recenti esiti giurisprudenziali, da Lawrence v. Texas alla decisione della Corte Suprema del Massachusets. Il timore che quest'ultima sentenza possa costituire un precedente per le corti di altri stati dell'unione, che la legalizzazione del matrimonio omosessuale possa dilagare in tutta la nazione induce ora a chiedere a Bush un passo ulteriore: un emendamento da inserire nella costituzione degli Stati Uniti che vieti il matrimonio fra persone dello stesso sesso. Ciò che nel recente discorso sullo Stato dell'Unione il Presidente ha prontamente minacciato di fare, ove la corte di un altro stato 'ci provi' a sua volta. Per ora sembra invero che Bush stia resistendo alle pressioni dei più integralisti, muovendosi sul filo del compromesso. D'altra parte questo sembra l'atteggiamento più ragionevole in un paese in cui la questione dei gay rights è così sentita da divenire materia di insegnamento in molte law schools, entrando a far parte del curriculum di formazione del giurista. E in cui le leggi di cinque stati, ultima quella definitivamente approvata dal Senato del New Jersey all'inizio di quest'anno, pur non cercando soluzioni eclatanti come quella affermata dalla Corte Suprema del Massachusets, estendono molti dei diritti derivanti dal matrimonio alle unioni omosessuali.
La verità è che il sistema giuridico americano - se valutato dal punto di vista delle aspettative delle frange più conservatrici della società e confrontato con altre esperienze giuridiche, come ad esempio quella italiana - si presenta 'slabbrato' proprio sul fronte della nozione di famiglia che nel suo complesso accoglie decisioni come quella della Corte Suprema del Massachussets ne costituiscono esiti 'naturali' o, quanto meno, largamente prevedibili. Se infatti l'accesso degli omosessuali al matrimonio ha suscitato reazioni allarmate e rappresenta tutto sommato un caso isolato nel panorama giurisprudenziale americano, non altrettanto può dirsi per altri aspetti non meno rilevanti del diritto di famiglia, dall'adozione di minori da parte di coppie omosessuali, alla validità degli accordi di maternità surrogata e all'accesso alla fecondazione assistita da parte di donne single. Come sottolinea la Corte, l’ordinamento incoraggia l’accoglimento dei minori nella famiglia a prescindere dallo stato civile dell’aspirante genitore - che può essere coniugato o meno, in coppia o single – così come dal suo orientamento sessuale, sia esso etero-, omo-, bisessuale. Con numerose pronunce, infatti, le corti di più Stati americani hanno riconosciuto alla persona omosessuale il diritto di adottare il figlio biologico del o della partner, secondo il modello della step-parent adoption. Una coppia lesbica può realizzare il proprio progetto procreativo attraverso l'inseminazione artificiale di una delle partner ed il successivo accordo con cui il donatore di seme rinuncia ai propri diritti parentali sul nato. Un uomo può ricorrere ad una madre portante (eventualmente diversa dalla donatrice di ovocita) per concepire un figlio e lasciare che il proprio partner omosessuale chieda la step-parent adoption; richiesta che la corte di norma accoglierà ove ciò risponda al best interest of the child.
Tutto questo dà vita ad una costellazione di situazioni familiari estremamente variegata, ad un quadro dal quale il diritto di famiglia degli Stati Uniti emerge come un sistema inevitabilmente e definitivamente pluralista, a dispetto delle aspirazioni revanchiste ad un rinnovato trionfo del modello più tradizionale di famiglia, quello proprio del common law classico. Non a caso la motivazione della Corte Suprema del Massachusets trova un punto di forza proprio nei varchi che il sistema apre all'ingresso nel giuridicamente rilevante delle famiglie omosessuali. Se il matrimonio segna l'accesso ad una serie di benefici, fiscali, previdenziali, assicurativi, in una parola: ad una maggiore stabilità e sicurezza economica non solo per i coniugi, ma per tutti i membri della famiglia, negare alle coppie omosessuali la possibilità di sposarsi equivale a discriminare in modo irragionevole fra bambini nati da coppie eterosessuali, che di quei benefici possono godere, e bambini nati da coppie omosessuali, che dalle garanzie economiche derivanti dal matrimonio dei genitori dovrebbero restare esclusi. La legittimazione del matrimonio omosessuale decisa dalla Corte ha dunque l'ulteriore finalità di tutelare i diritti fondamentali ed il principio di uguaglianza nei confronti dei figli. E questo è cruciale in un paese in cui la clausola del best interest of the child non è servita a cristallizzare la famiglia attorno agli apriori della bigenitorialità e della eterosessualità dei genitori, ma al contrario, è stata utilizzata molto pragmaticamente in considerazione dei legami affettivi effettivamente stabilitisi fra adulti e minore, con ciò aprendo il regime giuridico della famiglia ad un reale pluralismo.
D'altra parte il discorso affrontato dalla corte riflette una realtà sociale ormai divenuta rilevante, e non solo in senso quantitativo: le coppie omosessuali con figli censite sul territorio degli Stati Uniti sono più di 9.000, 9.328 per l'esattezza (dati Census Bureau); fra queste circa il 26% delle coppie maschili è costituito da unioni in cui uno dei partner ha abbandonato il lavoro extradomestico, rinunciando alla carriera professionale e ad un reddito proprio, per dedicarsi interamente alla cura dei figli.



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