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Legge 26 luglio 1975, n. 354 sull'ordinamento penitenziario

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Legge 26 luglio 1975 n. 354
e successive modifiche

NORME SULL'ORDINAMENTO PENITENZIARIO E SULLA ESECUZIONE DELLE MISURE PRIVATIVE E LIMITATIVE DELLA LIBERTÀ

TITOLO I

Trattamento penitenziario

CAPO I

Principi direttivi

Art. 1
Trattamento e rieducazione
Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona.
Il trattamento è improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose.
Negli istituti devono essere mantenuti l'ordine e la disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili ai fini giudiziari.
I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome.
Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva.
Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento é attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti.
Art. 2
Spese per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza detentive
Le spese per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza detentive sono a carico dello stato.
Il rimborso delle spese di mantenimento da parte dei condannati si effettua ai termini degli articoli 145, 188, 189 e 191 del codice penale e 274 del codice di procedura penale.
Il rimborso delle spese di mantenimento da parte degli internati si effettua mediante prelievo di una quota della remunerazione a norma del penultimo capoverso dell' articolo 213 del codice penale ,ovvero per effetto della disposizione sul rimborso delle spese di spedalità, richiamata nell'ultima parte dell'articolo 213 del codice penale.
Sono spese di mantenimento quelle concernenti gli alimenti ed il corredo.
Il rimborso delle spese di mantenimento ha luogo per una quota non superiore ai due terzi del costo reale. Il ministro per la grazia e giustizia, al principio di ogni esercizio finanziario, determina, sentito il ministro per il tesoro, la quota media di mantenimento dei detenuti in tutti gli stabilimenti della Repubblica.
Art. 3
Parità di condizioni fra i detenuti e gli internati
Negli istituti penitenziari è assicurata ai detenuti ed agli internati parità di condizioni di vita. In particolare il regolamento stabilisce limitazioni in ordine all'ammontare del peculio disponibile e dei beni provenienti dall'esterno.
Art. 4
Esercizio dei diritti dei detenuti e degli internati.
I detenuti e gli internati esercitano personalmente i diritti loro derivanti dalla presente legge anche se si trovano in stato di interdizione legale.
" Art. 4 - bis
(divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti ).
(aggiunto da articolo 1 d.l. n.152/1991, coordinato con la legge di conversione n.203/1991)
- 1. Fermo quanto stabilito dall'articolo 13ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, nella legge 15 marzo 1991, n. 82, l'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio, e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI della legge 26 luglio 1975, n. 354, fatta eccezione per la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo nonché per i delitti di cui agli articoli 416-bis e 630 del codice penale e all'articolo 74 del decreto del presidente della repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborano con la giustizia a norma dell'articolo 58-ter. quando si tratta di detenuti o internati per uno dei predetti delitti, ai quali sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste dagli articoli 62, numero 6), anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo la sentenza di condanna, o 114 del codice penale, ovvero la disposizione dell'articolo 116, secondo comma, dello stesso codice, i benefici suddetti possono essere concessi anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata.
Quando si tratta di detenuti o internati per delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale ovvero di detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 575, 628 terzo comma, 629 secondo comma del codice penale e all'articolo 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80 comma 2, del predetto testo unico approvato con decreto del presidente della repubblica n. 309 del 1990, i benefici suddetti possono essere concessi solo se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva."
( la rubrica e il comma 1 così modificati da articolo 15 lett. a) d.l. n. 306/1992 coordinato con la legge di conversione n. 356/1992)
2. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1 il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni per il tramite del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione del condannato. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni. Al suddetto comitato provinciale può essere chiamato a partecipare il direttore dell'istituto penitenziario in cui il condannato è detenuto.
" 2-bis. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1, terzo periodo, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni dal questore. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni."
(aggiunto da articolo 1 d.l. n. 187/1993 coordinato con la legge di conversione n. 296/1993 )
3. Quando il comitato ritiene che sussistano particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in ambiti non locali o extranazionali, ne dà comunicazione al giudice e il termine di cui al comma 2 è prorogato di ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi ed informazioni da parte dei competenti organi centrali."
" 3-bis. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, non possono essere concessi ai detenuti ed internati per delitti dolosi quando il procuratore nazionale antimafia o il procuratore distrettuale comunica, d'iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o internamento, l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata. In tal caso si prescinde dalle procedure previste dai commi 2 e 3."
(aggiunto da articolo 15 lett. b) d.l. n. 306/1992 coordinato con la legge di conversione n. 356/1992)

CAPO II

Condizioni generali

Art. 5.
Caratteristiche degli edifici penitenziari
Gli istituti penitenziari devono essere realizzati in modo tale da accogliere un numero non elevato di detenuti o internati.
Gli edifici penitenziari devono essere dotati, oltre che di locali per le esigenze di vita individuale, anche di locali per lo svolgimento di attività in comune.
Art. 6
Locali di soggiorno e di pernottamento
I locali nei quali si svolge la vita dei detenuti e degli internati devono essere di ampiezza sufficiente, illuminati con luce naturale e artificiale in modo da permettere il lavoro e la lettura; aerati, riscaldati ove le condizioni climatiche lo esigono, e dotati di servizi igienici riservati, decenti e di tipo razionale. I detti locali devono essere tenuti in buono stato di conservazione e di pulizia.
I locali destinati al pernottamento consistono in camere dotate di uno o più posti.
Particolare cura è impiegata nella scelta di quei soggetti che sono collocati in camere a più posti.
Agli imputati deve essere garantito il pernottamento in camere ad un posto a meno che la situazione particolare dell'istituto non lo consenta.
Ciascun detenuto e internato dispone di adeguato corredo per il proprio letto.
Art. 7
Vestiario e corredo
Ciascun soggetto è fornito di biancheria, di vestiario e di effetti di uso in quantità sufficiente, in buono stato di conservazione e di pulizia e tali da assicurare la soddisfazione delle normali esigenze di vita.
L'abito è di tessuto a tinta unita e di foggia decorosa. E’ concesso l'abito di lavoro quando è reso necessario dall'attività svolta.
Gli imputati e i condannati a pena detentiva inferiore ad un anno possono indossare abiti di loro proprietà, purché puliti e convenienti. L'abito fornito agli imputati deve essere comunque diverso da quello dei condannati e degli internati.
I detenuti e gli internati possono essere ammessi a far uso di corredo di loro proprietà e di oggetti che abbiano particolare valore morale o affettivo.
Art. 8
Igiene personale
E’ assicurato ai detenuti e agli internati l'uso adeguato e sufficiente di lavabi e di bagni o docce, nonché degli altri oggetti necessari alla cura e alla pulizia della persona.
In ciascun istituto sono organizzati i servizi per il periodico taglio dei capelli e la rasatura della barba. Può essere consentito l'uso di rasoio elettrico personale.
Il taglio dei capelli e della barba può essere imposto soltanto per particolari ragioni igienico-sanitarie.
Art. 9
Alimentazione
Ai detenuti e agli internati è assicurata un'alimentazione sana e sufficiente, adeguata all'età, al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima.
Il vitto è somministrato, di regola, in locali all'uopo destinati.
I detenuti e gli internati devono avere sempre a disposizione acqua potabile.
La quantità e la qualità del vitto giornaliero sono determinate da apposite tabelle approvate con decreto ministeriale.
Il servizio di vettovagliamento é di regola gestito direttamente dalla amministrazione penitenziaria.
Una rappresentanza dei detenuti o degli internati, designata mensilmente per sorteggio, controlla l'applicazione delle tabelle e la preparazione del vitto.
Ai detenuti e agli internati è consentito l'acquisto, a proprie spese, di generi alimentari e di conforto, entro i limiti fissati dal regolamento. La vendita dei generi alimentari o di conforto deve essere affidata di regola a spacci gestiti direttamente dalla amministrazione carceraria o da imprese che esercitano la vendita a prezzi controllati dall'autorità comunale. I prezzi non possono essere superiori a quelli comunemente praticati nel luogo in cui è sito l'istituto. La rappresentanza indicata nel precedente comma, integrata da un delegato del direttore, scelto tra il personale civile dell'istituto, controlla qualità e prezzi dei generi venduti nell'istituto.
Art. 10
Permanenza all'aperto
Ai soggetti che non prestano lavoro all'aperto è consentito di permanere almeno per due ore al giorno all'aria aperta. Tale periodo di tempo può essere ridotto a non meno di un'ora al giorno soltanto per motivi eccezionali.
La permanenza all'aria aperta è effettuata in gruppi a meno che non ricorrano i casi indicati nell' articolo 33 e nei numeri 4) e 5) dello articolo 39 ed è dedicata, se possibile, ad esercizi fisici.
Art. 11
Servizio sanitario
Ogni istituto penitenziario è dotato di servizio medico e di servizio farmaceutico rispondenti alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e degli internati; dispone, inoltre, dell'opera di almeno uno specialista in psichiatria.
"ove siano necessari cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli internati sono trasferiti, con provvedimento del magistrato di sorveglianza, in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura. Per gli imputati, detti trasferimenti sono disposti, dopo la pronunzia della sentenza di primo grado, dal magistrato di sorveglianza; prima della pronunzia della sentenza di primo grado, dal giudice istruttore, durante l'istruttoria formale; dal pubblico ministero, durante l'istruzione sommaria e, in caso di giudizio direttissimo, fino alla presentazione dell'imputato in udienza; dal presidente, durante gli atti preliminari al giudizio e nel corso del giudizio gli atti preliminari al giudizio e nel corso del giudizio; dal pretore, nei procedimenti di sua competenza; dal presidente della corte di appello, nel corso degli atti preliminari al giudizio dinanzi la corte di assise, fino alla convocazione della corte stessa e dal presidente di essa successivamente alla convocazione".
(comma modificato da articolo 1 Legge n. 1/1977)
"l'autorità giudiziaria competente ai sensi del comma precedente può disporre, quando non vi sia pericolo di fuga, che i detenuti e gli internati trasferiti in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura con proprio provvedimento, o con provvedimento del direttore dell'istituto nei casi di assoluta urgenza, non siano sottoposti a piantonamento durante la degenza, salvo che sia necessario per la tutela della loro incolumità personale.
(comma aggiunto da articolo 2 legge n. 134/1989)
Il detenuto o l'internato che, non essendo sottoposto a piantonamento, si allontana dal luogo di cura senza giustificato motivo è punibile a norma del primo comma dell'articolo 385 del codice penale".
(comma aggiunto da articolo 2 legge n. 134/1989)
All'atto dell'ingresso nell'istituto i soggetti sono sottoposti a visita medica generale allo scopo di accertare eventuali malattie fisiche o psichiche. L'assistenza sanitaria è prestata, nel corso della permanenza nell'istituto, con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente dalle richieste degli interessati.
Il sanitario deve visitare ogni giorno gli ammalati e coloro che ne facciano richiesta; deve segnalare immediatamente la presenza di malattie che richiedono particolari indagini e cure specialistiche; deve, inoltre, controllare periodicamente l'idoneità dei soggetti ai lavori cui sono addetti.
I detenuti e gli internati sospetti o riconosciuti affetti da malattie contagiose sono immediatamente isolati. Nel caso di sospetto di malattia psichica sono adottati senza indugio i provvedimenti del caso col rispetto delle norme concernenti l'assistenza psichiatrica e la sanità mentale.
In ogni istituto penitenziario per donne sono in funzione servizi speciali per l'assistenza sanitaria alle gestanti e alle puerpere.
Alle madri è consentito di tenere presso di sé i figli fino all'età di tre anni. Per la cura e l'assistenza dei bambini sono organizzati appositi asili nido.
L'amministrazione penitenziaria, per l'organizzazione e per il funzionamento dei servizi sanitari, può avvalersi della collaborazione dei servizi pubblici sanitari locali, ospedalieri ed extra ospedalieri, d'intesa con la regione e secondo gli indirizzi del ministero della sanità.
I detenuti e gli internati possono richiedere di essere visitati a proprie spese da un sanitario di loro fiducia. Per gli imputati è necessaria l'autorizzazione del magistrato che procede, sino alla pronuncia della sentenza di primo grado.
Il medico provinciale visita almeno due volte l'anno gli istituti di prevenzione e di pena allo scopo di accertare lo stato igienico-sanitario, l'adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive disposte dal servizio sanitario penitenziario e le condizioni igieniche e sanitarie dei ristretti negli istituti.
Il medico provinciale riferisce sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare al ministero della sanità e a quello di grazia e giustizia, informando altresì i competenti uffici regionali e il magistrato di sorveglianza.
Art. 12
Attrezzature per attività di lavoro di istruzione e di ricreazione
Negli istituti penitenziari, secondo le esigenze del trattamento, sono approntate attrezzature per lo svolgimento di attività lavorative, di istruzione scolastica e professionale, ricreative, culturali e di ogni altra attività in comune.
Gli istituti devono inoltre essere forniti di una biblioteca costituita da libri e periodici, scelti dalla commissione prevista dal secondo comma dell' articolo 16 .
Alla gestione del servizio di biblioteca partecipano rappresentanti dei detenuti e degli internati.

CAPO III

Modalità del trattamento

Art. 13
Individualizzazione del trattamento
Il trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto.
Nei confronti dei condannati e degli internati è predisposta l'osservazione scientifica della personalità per rilevare le carenze fisiopsichiche e le altre cause del disadattamento sociale. L'osservazione è compiuta all'inizio dell'esecuzione e proseguita nel corso di essa.
Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati della osservazione, sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo da effettuare ed è compilato il relativo programma, che é integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell'esecuzione.
Le indicazioni generali e particolari del trattamento sono inserite, unitamente ai dati giudiziari, biografici e sanitari, nella cartella personale, nella quale sono successivamente annotati gli sviluppi del trattamento pratico e i suoi risultati.
Deve essere favorita la collaborazione dei condannati e degli internati alle attività di osservazione e di trattamento.
Art. 14
Assegnazione, raggruppamento e categorie dei detenuti e degli internati
Il numero dei detenuti e degli internati negli istituti e nelle sezioni deve essere limitato e, comunque, tale da favorire l'individualizzazione del trattamento.
L'assegnazione dei condannati e degli internati ai singoli istituti e il raggruppamento nelle sezioni di ciascun istituto sono disposti con particolare riguardo alla possibilità di procedere ad un trattamento rieducativo comune e all'esigenza di evitare influenze nocive reciproche. Per le assegnazioni sono, inoltre, applicati di norma i criteri di cui al primo ed al secondo comma dell' articolo 42 .
E’ assicurata la separazione degli imputati dai condannati e internati, dei giovani al disotto dei venticinque anni dagli adulti, dei condannati dagli internati e dei condannati all'arresto dai condannati alla reclusione.
E’ consentita, in particolari circostanze, l'ammissione di detenuti e di internati ad attività organizzate per categorie diverse da quelle di appartenenza.
Le donne sono ospitate in istituti separati o in apposite sezioni di istituto.
" Art. 14-bis
(regime di sorveglianza particolare).
( aggiunto da articolo 1 legge 663/1986)
- 1. Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile anche più volte in misura non superiore ogni volta a tre mesi, i condannati, gli internati e gli imputati:
a) che con i loro comportamenti compromettono la sicurezza ovvero turbano l'ordine negli istituti;
b) che con la violenza o minaccia impediscono le attività degli altri detenuti o internati;
c) che nella vita penitenziaria si avvalgono dello stato di soggezione degli altri detenuti nei loro confronti.
2. Il regime di cui al precedente comma primo è disposto con provvedimento motivato della amministrazione penitenziaria previo parere del consiglio di disciplina, integrato da due degli esperti previsti dal quarto comma dell'articolo 80.
3. Nei confronti degli imputati il regime di sorveglianza particolare é disposto sentita anche l'autorità giudiziaria che procede.
4. In caso di necessità ed urgenza l'amministrazione può disporre in via provvisoria la sorveglianza particolare prima dei pareri prescritti, che comunque devono essere acquisiti entro dieci giorni dalla data del provvedimento. Scaduto tale termine la amministrazione, acquisiti i pareri prescritti, decide in via definitiva entro dieci giorni decorsi i quali, senza che sia intervenuta la decisione, il provvedimento provvisorio decade.
5. Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare, fin dal momento del loro ingresso in istituto, i condannati, gli internati e gli imputati, sulla base di precedenti comportamenti penitenziari o di altri concreti comportamenti tenuti, indipendentemente dalla natura dell'imputazione, nello stato di libertà. L'autorità giudiziaria segnala gli eventuali elementi a sua conoscenza all'amministrazione penitenziaria che decide sulla adozione dei provvedimenti di sua competenza.
6. Il provvedimento che dispone il regime di cui al presente articolo é comunicato immediatamente al magistrato di sorveglianza ai fini dell'esercizio del suo potere di vigilanza."
" Art. 14-ter
(reclamo).
( aggiunto da articolo 2 legge 663/1986)
- 1. Avverso il provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare può essere proposto dall'interessato reclamo al tribunale di sorveglianza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento definitivo. Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento.
2. Il tribunale di sorveglianza provvede con ordinanza in camera di consiglio entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo.
3. Il procedimento si svolge con la partecipazione del difensore e del pubblico ministero. L'interessato e l'amministrazione penitenziaria possono presentare memorie.
4. Per quanto non diversamente disposto si applicano le disposizioni del Capo secondo-bis del Titolo secondo".
" Art. 14-quater
(contenuti del regime di sorveglianza particolare).
( introdotto da articolo 3 legge 663/1986)
- 1. Il regime di sorveglianza particolare comporta le restrizioni strettamente necessarie per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza, all'esercizio dei diritti dei detenuti e degli internati e alle regole di trattamento previste dall'ordinamento penitenziario.
2. L'amministrazione penitenziaria può adottare il visto di controllo sulla corrispondenza, previa autorizzazione motivata dell'autorità giudiziaria competente.
3. Le restrizioni di cui ai commi precedenti sono motivatamente stabilite nel provvedimento che dispone il regime di sorveglianza particolare.
4. In ogni caso le restrizioni non possono riguardare: l'igiene e le esigenze della salute; il vitto; il vestiario ed il corredo; il possesso, l'acquisto e la ricezione di generi ed oggetti permessi dal regolamento interno, nei limiti in cui ciò non comporta pericolo per la sicurezza; la lettura di libri e periodici; le pratiche di culto; l'uso di apparecchi radio del tipo consentito; la permanenza all'aperto per almeno due ore al giorno salvo quanto disposto dall'articolo 10; i colloqui con i difensori, nonché quelli con il coniuge, il convivente, i figli, i genitori, i fratelli.
5. Se il regime di sorveglianza particolare non é attuabile nell'istituto ove il detenuto o l'internato si trova, la amministrazione penitenziaria può disporre, con provvedimento motivato, il trasferimento in altro istituto idoneo, con il minimo pregiudizio possibile per la difesa e per i familiari, dandone immediato avviso al magistrato di sorveglianza. Questi riferisce al ministro in ordine ad eventuali casi di infondatezza dei motivi posti a base del trasferimento".
Art. 15
Elementi del trattamento
Il trattamento del condannato e dell'internato è svolto avvalendosi principalmente dell'istruzione, del lavoro, della religione, delle attività culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno ed i rapporti con la famiglia.
Ai fini del trattamento rieducativo, salvo casi di impossibilità, al condannato e all'internato è assicurato il lavoro.
Gli imputati sono ammessi, a loro richiesta, a partecipare ad attività educative, culturali e ricreative e, salvo giustificati motivi o contrarie disposizioni dell'autorità giudiziaria, a svolgere attività lavorativa o di formazione professionale, possibilmente di loro scelta e, comunque, in condizioni adeguate alla loro posizione giuridica.
Art. 16
Regolamento dell'istituto
In ciascun istituto il trattamento penitenziario è organizzato secondo le direttive che l'amministrazione penitenziaria impartisce con riguardo alle esigenze dei gruppi di detenuti ed internati ivi ristretti. Le modalità del trattamento da seguire in ciascun istituto sono disciplinate nel regolamento interno, che è predisposto e modificato da una commissione composta dal magistrato di sorveglianza, che la presiede, dal direttore, dal medico, dal cappellano, dal preposto alle attività lavorative, da un educatore e da un assistente sociale. La commissione può avvalersi della collaborazione degli esperti indicati nel quarto comma dell' articolo 80 .
Il regolamento interno disciplina, altresì, i controlli cui devono sottoporsi tutti coloro che, a qualsiasi titolo, accedono all'istituto o ne escono.
Il regolamento interno e le sue modificazioni sono approvati dal Ministro per la grazia e giustizia.
Art. 17
Partecipazione della comunità esterna all'azione rieducativa
La finalità del reinserimento sociale dei condannati e degli internati deve essere perseguita anche sollecitando ed organizzando la partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o private all'azione rieducativa.
Sono ammessi a frequentare gli istituti penitenziari con l'autorizzazione e secondo le direttive del magistrato di sorveglianza, su parere favorevole del direttore, tutti coloro che avendo concreto interesse per l'opera di risocializzazione dei detenuti dimostrino di potere utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la società libera.
Le persone indicate nel comma precedente operano sotto il controllo dei direttore.
" Art. 18
(colloqui, corrispondenza e informazione).
( sostituito da articolo 2 Legge n. 1/1977)
1 I detenuti e gli internati sono ammessi ad avere colloqui e corrispondenza con i congiunti e con altre persone, anche al fine di compiere atti giuridici.
2 I colloqui si svolgono in appositi locali sotto il controllo a vista e non auditivo del personale di custodia.
3 Particolare favore viene accordato ai colloqui con i familiari.
4 L'amministrazione penitenziaria pone a disposizione dei detenuti e degli internati, che ne sono sprovvisti, gli oggetti di cancelleria necessari per la corrispondenza.
5 Può essere autorizzata nei rapporti con i familiari e, in casi particolari, con terzi, corrispondenza telefonica con le modalità e le cautele previste dal regolamento.
6 I detenuti e gli internati sono autorizzati a tenere presso di sé i quotidiani, i periodici e i libri in libera vendita all'esterno e ad avvalersi di altri mezzi di informazione.
7 La corrispondenza dei singoli condannati o internati può essere sottoposta, con provvedimento motivato del magistrato di sorveglianza, a visto di controllo del direttore o di un rappresentante all'amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore.
8 : "salvo quanto disposto dall'articolo 18-bis," ( aggiunto da articolo 16 2 c.d.l. n. 306/1992 coordinato con la legge di conversione n. 356/1992) " per gli imputati i permessi di colloquio fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, la sottoposizione al visto di controllo sulla corrispondenza e le autorizzazioni alla corrispondenza telefonica sono di competenza dell'autorità giudiziaria, ai sensi di quanto stabilito nel secondo comma dell'articolo 11. Dopo la pronuncia della sentenza di primo grado i permessi di colloquio sono di competenza del direttore dell'istituto". ( sostituito da articolo 4 legge n. 663/1986 )
9 Le dette autorità giudiziarie, nel disporre la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo, se non ritengono di provvedervi direttamente, possono delegare il controllo al direttore o a un appartenente alla amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore. Le medesime autorità possono anche disporre limitazioni nella corrispondenza e nella ricezione della stampa".

"Art. 18-bis
(colloqui a fini investigativi).
( introdotto da articolo 16 3 c. d.l. n. 306/1992 coordinato con la legge di conversione n. 356/1992)
- 1. Il personale della Direzione investigativa antimafia di cui all'articolo 3 del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, nella legge 30 dicembre 1991, n. 410, e dei servizi centrali e interprovinciali di cui all'articolo 12 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, nonché gli ufficiali di polizia giudiziaria designati dai responsabili, a livello centrale, delle predetta direzione e dei predetti servizi, hanno facoltà di visitare gli istituti penitenziari e possono essere autorizzati, a norma del comma 2, del presente articolo, ad avere colloqui personali con detenuti e internati, al fine di acquisire informazioni utili per la prevenzione e repressione dei delitti di criminalità organizzata.
2. Al personale di polizia indicato nel comma 1, l'autorizzazione ai colloqui è rilasciata:
a) quando si tratta di internati, di condannati o di imputati, dal ministro di grazia e giustizia o da un suo delegato;
b) quando si tratta di persone sottoposte ad indagini, dal pubblico ministero.
3. Le autorizzazioni ai colloqui indicate nel comma 2 sono annotate in apposito registro riservato tenuto presso l'autorità competente al rilascio.
4. In casi di particolare urgenza, attestati con provvedimento del ministro dell'interno o, per sua delega, dal capo della polizia, l'autorizzazione prevista nel comma 2, lettera a), non è richiesta, e del colloquio è data immediata comunicazione all'autorità ivi indicata, che provvede all'annotazione nel registro riservato di cui al comma 3.
5. La facoltà di procedere a colloqui personali con detenuti e internati è attribuita, senza necessità di autorizzazione, altresì al procuratore nazionale antimafia ai fini dell'esercizio delle funzioni di impulso e di coordinamento previste dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale; al medesimo procuratore nazionale antimafia sono comunicati i provvedimenti di cui ai commi 2 e 4, qualora concernenti colloqui con persone sottoposte ad indagini, imputate o condannate per taluno dei delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale".
Art. 19
Istruzione
Negli istituti penitenziari la formazione culturale e professionale, è curata mediante l'organizzazione dei corsi della scuola d'obbligo e di corsi di addestramento professionale, secondo gli orientamenti vigenti e con l'ausilio di metodi adeguati alla condizione dei soggetti.
Particolare cura è dedicata alla formazione culturale e professionale dei detenuti di età inferiore ai venticinque anni.
Con le procedure previste dagli ordinamenti scolastici possono essere istituite scuole di istruzione secondaria di secondo grado negli istituti penitenziari.
E’ agevolato il compimento degli studi dei corsi universitari ed equiparati ed è favorita la frequenza a corsi scolastici per corrispondenza, per radio e per televisione.
E’ favorito l'accesso alle pubblicazioni contenute nella biblioteca, con piena libertà di scelta delle letture.
Art. 20
Lavoro
"Negli istituti penitenziari devono essere favorite in ogni modo la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di formazione professionale. A tal fine, possono essere istituite lavorazioni organizzate e gestite direttamente da imprese pubbliche o private e possono essere istituiti corsi di formazione professionale organizzati e svolti da aziende pubbliche, o anche da aziende private convenzionate con la regione".
( comma sostituito da articolo 2 d.l. n. 187/1993 coordinato con la legge di conversione n. 296/1993)
Il lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed è remunerato.
Il lavoro è obbligatorio per i condannati e per i sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro.
I sottoposti alle misure di sicurezza della casa di cura e di custodia e dell'ospedale psichiatrico giudiziario possono essere assegnati al lavoro quando questo risponda a finalità terapeutiche.
L'organizzazione e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro nella società libera al fine di far acquisire ai soggetti una preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il reinserimento sociale.
"nell'assegnazione dei soggetti al lavoro si deve tener conto esclusivamente dell'anzianità di disoccupazione durante lo stato di detenzione o di internamento, dei carichi familiari, della professionalità, nonché delle precedenti e documentate attività svolte e di quelle a cui essi potranno dedicarsi dopo la dimissione, con l'esclusione dei detenuti e internati sottoposti al regime di sorveglianza particolare di cui all'art. 14- bis della presente legge";
( comma sostituito da articolo 2 c.1 d.l. n. 187/1993 coordinato con la legge di conversione n. 296/1993)
"il collocamento al lavoro da svolgersi all'interno dell'istituto avviene nel rispetto di graduatorie fissate in due apposite liste, delle quali una generica e l'altra per qualifica o mestiere.
Per la formazione delle graduatorie all'interno delle liste e per il nulla osta agli organismi competenti per il collocamento, è istituita, presso ogni istituto, una commissione composta dal direttore, da un appartenente al ruolo degli ispettori o dei sovrintendenti del corpo di polizia penitenziaria e da un rappresentante del personale educativo, eletti all'interno della categoria di appartenenza da un rappresentante unitariamente designato dalle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale, da un rappresentante designato dalla commissione circoscrizionale per l'impiego territorialmente competente e da un rappresentante delle organizzazioni sindacali territoriali.
Alle riunioni della commissione partecipa senza potere deliberativo un rappresentante dei detenuti e degli internati, designato per sorteggio secondo le modalità indicate nel regolamento interno dell'istituto.
Per ogni componente viene indicato un supplente eletto o designato secondo i criteri in precedenza indicati.
Al lavoro all'esterno, si applicano la disciplina generale sul collocamento ordinario ed agricolo, nonché l'articolo 19 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 .
Per tutto quanto non previsto dal presente articolo si applica la disciplina generale sul collocamento"
( commi aggiunti da articolo 2 d.l. n. 187/1993 coordinato con la legge di conversione n. 296/1993)
"Le direzioni degli istituti penitenziari, in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato e di quelle di contabilità speciale, possono, previa autorizzazione del Ministero di grazia e giustizia, vendere prodotti delle lavorazioni penitenziarie a prezzo pari o anche inferiore al loro costo, per quanto possibile, dei prezzi praticati per prodotti corrispondenti nel mercato all'ingrosso della zona in cui é situato l'istituto."( aggiunto da articolo 5 legge n. 663/1986)
I detenuti e gli internati che mostrino attitudini artigianali, culturali o artistiche possono essere esonerati dal lavoro ordinario ed essere ammessi ad esercitare, per proprio conto, attività artigianali, intellettuali o artistiche.
I soggetti che non abbiano sufficienti cognizioni tecniche possono essere ammessi a un tirocinio retribuito.
"la durata delle prestazioni lavorative non può superare i limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia di lavoro e, alla stregua di tali leggi, sono garantiti il riposo festivo e la tutela assicurativa e previdenziale. Ai detenuti e agli internati che frequentano i corsi di formazione professionale di cui al comma primo è garantita, nei limiti degli stanziamenti regionali, la tutela assicurativa e ogni altra tutela prevista dalle disposizioni vigenti in ordine a tali corsi.".
(comma sostituito da articolo 2 d.l. n. 187/1993 coordinato con la legge di conversione n. 296/1993)
"entro il 31 marzo di ogni anno il ministro di grazia e giustizia trasmette al parlamento una analitica relazione circa lo stato di attuazione delle disposizioni di legge relative al lavoro dei detenuti nell'anno precedente".
(comma aggiunto da articolo 2 d.l. n. 187/1993 coordinato con la legge di conversione n. 296/1993)
" Art. 20 - bis
(modalità di organizzazione del lavoro).
( aggiunto da articolo 2 d.l. 1993 n. 187 coordinato con la legge di conversione 1993 n. 296)
- 1 Il provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria può affidare, con contratto d'opera, la direzione tecnica delle lavorazioni a persone estranee all'amministrazione penitenziaria, le quali curano anche la specifica formazione dei responsabili delle lavorazioni e concorrono alla qualificazione professionale dei detenuti, d'intesa con la regione. Possono essere inoltre istituite, a titolo sperimentale, nuove lavorazioni, avvalendosi, se necessario, dei servizi prestati da imprese pubbliche o private ed acquistando le relative progettazioni.
2. L'amministrazione penitenziaria, inoltre, applicando, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'undicesimo comma dell'articolo 20 , promuove la vendita dei prodotti delle lavorazioni penitenziarie anche mediante apposite convenzioni da stipulare con imprese pubbliche o private, che abbiano una propria rete di distribuzione commerciale.
3. Previo assenso della direzione dell'istituto, i privati che commissionano forniture all'amministrazione penitenziaria possono, in deroga alle norme di contabilità generale dello stato e a quelle di contabilità speciale, effettuare pagamenti differiti, secondo gli usi e le consuetudini vigenti.
4. Sono abrogati l'articolo 1 della legge 3 luglio 1942, n. 971 , e l'articolo 611 delle disposizioni approvate con regio decreto 16 maggio 1920, n. 1908 ".

Art. 21
"(lavoro all'esterno).
( sostituito da articolo 6 Legge n. 663/1986 )
1 " I detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro all'esterno in condizioni idonee a garantire l'attuazione positiva degli scopi previsti dall'articolo 15. Tuttavia, se si tratta di persona condannata alla pena della reclusione per uno dei delitti indicati nel comma 1 dell'articolo 4- bis, l'assegnazione al lavoro all'esterno può essere disposta dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena e, comunque, di non oltre cinque anni. Nei confronti dei condannati all'ergastolo l'assegnazione può avvenire dopo l'espiazione di almeno dieci anni." ( nuovamente sostituito da articolo 1 d.l. 1991 n. 152 coordinato con la legge di conversione 1991 n. 203 )
2. I detenuti e gli internati assegnati al lavoro all'esterno sono avviati a prestare la loro opera senza scorta, salvo che essa sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza. Gli imputati sono ammessi al lavoro all'esterno previa autorizzazione della competente autorità giudiziaria.
3. Quando si tratta di imprese private, il lavoro deve svolgersi sotto il diretto controllo della direzione dello istituto a cui il detenuto o l'internato é assegnato, la quale può avvalersi a tal fine del personale dipendente e del servizio sociale.
4. Per ciascuno condannato o internato il provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno diviene esecutivo dopo la approvazione del magistrato di sorveglianza".
" 4 - bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti e la disposizione di cui al secondo periodo del comma sedicesimo dell'articolo 20 si applicano anche ai detenuti ed agli internati ammessi a frequentare corsi di formazione professionale all'esterno degli istituti penitenziari."
(comma aggiunto da articolo 2 d.l. 1993 n. 187 coordinato con la legge di conversione 1993 n. 296 )

Art. 22
"(determinazione delle mercedi).
( sostituito da articolo 7 Legge 663/1986 )
1. Le mercedi per ciascuna categoria di lavoranti sono equitativamente stabilite in relazione alla quantità e qualità del lavoro effettivamente prestato, alla organizzazione e al tipo del lavoro del detenuto in misura non inferiore ai due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi di lavoro. A tale fine è costituita una commissione composta dal direttore generale degli istituti di prevenzione e di pena, che la presiede, dal direttore dell'ufficio del lavoro dei detenuti e degli internati della direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena, da un ispettore generale degli istituti di prevenzione e di pena, da un rappresentante del ministero del tesoro, da un rappresentante del ministero del lavoro e della previdenza sociale e da un delegato per ciascuna delle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale.
2. L'ispettore generale degli istituti di prevenzione e di pena funge da segretario della commissione.
3. La medesima commissione stabilisce il trattamento economico dei tirocinanti.
4. La commissione stabilisce, altresì, il numero massimo di ore di permesso di assenza dal lavoro retribuite e le condizioni e modalità di fruizione delle stesse da parte dei detenuti e degli internati addetti alle lavorazioni, interne o esterne, o ai servizi di istituto, i quali frequentino i corsi della scuola d'obbligo o delle scuole di istruzione secondaria di secondo grado, o i corsi di addestramento professionale, ove tali corsi si svolgano, negli istituti penitenziari, durante l'orario di lavoro ordinario".
Art. 23
Remunerazione e assegni familiari
( Sono abrogati i primi tre commi dell'articolo 23 dall'articolo 29 legge n. 663/1986 )
Ai detenuti e agli internati che lavorano sono dovuti, per le persone a carico, gli assegni familiari nella misura e secondo le modalità di legge.
Gli assegni familiari sono versati direttamente alle persone a carico con le modalità fissate dal regolamento.
Art. 24
Pignorabilità e sequestrabilità della remunerazione
Sulla remunerazione spettante ai condannati sono prelevate le somme dovute a titolo di risarcimento del danno e di rimborso delle spese di procedimento. Sulla remunerazione spettante ai condannati ed agli internati sono altresì prelevate le somme dovute ai sensi del secondo e del terzo comma dell' articolo 2 .
In ogni caso deve essere riservata a favore dei condannati una quota pari a tre quinti. Tale quota non è soggetta a pignoramento o a sequestro, salvo che per obbligazioni derivanti da alimenti, o a prelievo per il risarcimento del danno arrecato alle cose mobili o immobili della amministrazione.
La remunerazione dovuta agli internati e agli imputati non è soggetta a pignoramento o a sequestro, salvo che per obbligazioni derivanti da alimenti, o a prelievo per il risarcimento del danno arrecato alle cose mobili o immobili dell'amministrazione.
Art. 25
Peculio
Il peculio dei detenuti e degli internati è costituito dalla parte della remunerazione ad essi riservata ai sensi del precedente articolo, dal danaro posseduto all'atto dell'ingresso in istituto, da quello ricavato dalla vendita degli oggetti di loro proprietà o inviato dalla famiglia e da altri o ricevuto a titolo di premio o di sussidio.
Le somme costituite in peculio producono a favore dei titolari interessi legali.
Il peculio è tenuto in deposito dalla direzione dell'istituto.
Il regolamento deve prevedere le modalità del deposito e stabilire la parte di peculio disponibile dai detenuti e dagli internati per acquisti autorizzati di oggetti personali o invii a familiari o conviventi, e la parte da consegnare agli stessi all'atto della dimissione dagli istituti.
" Art. 25 - bis
(commissioni regionali per il lavoro penitenziario).
( aggiunto da articolo 2 d.l. 1993 n. 187 coordinato con la legge di conversione 1993 n. 296 )
- 1. Sono istituite le commissioni regionali per il lavoro penitenziario. Esse sono presiedute dal provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria e sono composte dai rappresentanti, in sede locale, delle associazioni imprenditoriali e delle associazioni cooperative e dai rappresentanti della regione che operino nel settore del lavoro e della formazione professionale. Per il ministero del lavoro e della previdenza sociale interviene un funzionario in servizio presso l'ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione.
2. Le lavorazioni penitenziarie sono organizzate, sulla base di direttive, dai provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria, sentite le commissioni regionali per il lavoro penitenziario nonché le direzioni dei singoli istituti.
3. I posti di lavoro a disposizione della popolazione penitenziaria devono essere quantitativamente e qualitativamente dimensionati alle effettive esigenze di ogni singolo istituto. Essi sono fissati in una tabella predisposta dalla direzione dell'istituto, nella quale sono separatamente elencati i posti relativi alle lavorazioni interne industriali, agricole ed ai servizi di istituto.
4. Nella tabella di cui al comma 3 sono altresì indicati i posti di lavoro disponibili all'esterno presso imprese pubbliche o private o associazioni cooperative nonché i posti relativi alle produzioni che imprese private o associazioni cooperative intendono organizzare e gestire direttamente all'interno degli istituti.
5. Annualmente la direzione dell'istituto elabora ed indica il piano di lavoro in relazione al numero dei detenuti, all'organico del personale civile e di polizia penitenziaria disponibile e alle strutture produttive.
6. La tabella, che può essere modificata secondo il variare della situazione, ed il piano di lavoro annuale sono approvati dal provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria, sentita la commissione regionale per il lavoro penitenziario.
7. Nel regolamento di ciascun istituto sono indicate le attività lavorative che possono avere esecuzione in luoghi a sicurezza attenuata".
Art. 26
Religione e pratiche di culto
I detenuti e gli internati hanno libertà di professare la propria fede religiosa, di istruirsi in essa e di praticarne il culto.
Negli istituti è assicurata la celebrazione dei riti del culto cattolico. A ciascun istituto è addetto almeno un cappellano.
Gli appartenenti a religione diversa dalla cattolica hanno "diritto". (modifica da articolo 8 legge 663/1986) di ricevere, su loro richiesta, la assistenza dei ministri del proprio culto e di celebrarne i riti.
Art. 27
Attività culturali, ricreative e sportive.
Negli istituti devono essere favorite e organizzate attività culturali, sportive e ricreative e ogni altra attività volta alla realizzazione della personalità dei detenuti e degli internati, anche nel quadro del trattamento rieducativo.
Una commissione composta dal direttore dell'istituto, dagli educatori e dagli assistenti sociali e dai rappresentanti dei detenuti e degli internati cura la organizzazione delle attività di cui al precedente comma, anche mantenendo contatti con il mondo esterno utili al reinserimento sociale.
Art. 28
Rapporti con la famiglia
Particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie.
Art. 29
Comunicazioni dello stato di detenzione, dei trasferimenti, delle malattie e dei decessi
I detenuti e gli internati sono posti in grado d'informare immediatamente i congiunti e le altre persone da essi eventualmente indicate del loro ingresso in un istituto penitenziario o dell'avvenuto trasferimento.
In caso di decesso o di grave infermità fisica o psichica di un detenuto o di un internato, deve essere data tempestiva notizia ai congiunti ed alle altre persone eventualmente da lui indicate; analogamente i detenuti e gli internati devono essere tempestivamente informati del decesso o della grave infermità delle persone di cui al comma precedente.
Art. 30
Permessi
"Nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, ai condannati e agli internati può essere concesso dal magistrato di sorveglianza il permesso di recarsi a visitare, con le cautele previste dal regolamento, l'infermo.
Agli imputati il permesso è concesso, durante il procedimento di primo grado, dalle medesime autorità giudiziarie competenti ai sensi del secondo comma dell'articolo 11 a disporre il trasferimento in luoghi esterni di cura degli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado. Durante il procedimento di appello provvede il presidente del collegio e, nel corso di quello di cassazione, il presidente dell'ufficio giudiziario presso il quale si è svolto il procedimento di appello".
( commi sostituiti da articolo 3 Legge n. 1/1977)
" analoghi permessi possono essere concessi eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravità".
(comma sostituito da articolo 1 Legge n. 450/1977)
Il detenuto che non rientra in istituto allo scadere del permesso senza giustificato motivo, se l'assenza si protrae per oltre tre ore e per non più di dodici, è punito in via disciplinare; se l'assenza si protrae per un tempo maggiore, è punibile a norma del primo comma dello articolo 385 del codice penale ed è applicabile la disposizione dell'ultimo capoverso dello stesso articolo.
L'internato che rientra in istituto dopo tre ore dalla scadenza del permesso senza giustificato motivo è punito in via disciplinare.
" Art. 30-bis
(provvedimenti e reclami in materia di permessi).
( aggiunto da articolo 2 Legge n. 450/1977)
- Prima di pronunciarsi sull'istanza di permesso, l'autorità competente deve assumere informazioni sulla sussistenza dei motivi addotti, a mezzo delle autorità di pubblica sicurezza, anche del luogo in cui l'istante chiede di recarsi.
La decisione sull'istanza è adottata con provvedimento motivato.
Il provvedimento è comunicato immediatamente senza formalità, anche a mezzo del telegrafo o del telefono, al pubblico ministero e all'interessato, i quali, entro ventiquattro ore dalla comunicazione, possono proporre reclamo, se il provvedimento è stato emesso dal magistrato di sorveglianza, alla sezione di sorveglianza, o, se il provvedimento é stato emesso da altro organo giudiziario, alla corte di appello.
La sezione di sorveglianza o la corte di appello, assunte, se del caso, sommarie informazioni, provvede entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo dandone immediata comunicazione ai sensi del comma precedente.
Il magistrato di sorveglianza, o il presidente della corte d'appello, non fa parte del collegio che decide sul reclamo avverso il provvedimento da lui emesso.
Quando per effetto della disposizione contenuta nel precedente comma non é possibile comporre la sezione di sorveglianza con i magistrati di sorveglianza del distretto, si procede all'integrazione della sezione ai sensi dell'articolo 68,terzo e quarto comma.
L'esecuzione del permesso è sospesa sino alla scadenza del termine stabilito dal terzo comma e durante il procedimento previsto dal quarto comma, sino alla scadenza del termine ivi previsto.
Le disposizioni del comma precedente non si applicano ai permessi concessi ai sensi del primo comma dell'articolo 30. In tale caso è obbligatoria la scorta.
Il procuratore generale presso la corte d'appello è informato dei permessi concessi e del relativo esito, con relazione trimestrale, degli organi che li hanno rilasciati".
"Art. 30-ter
(permessi premio).
(aggiunto da articolo 9 legge n. 663/1986)
- 1. Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del successivo comma ottavo e che non risultano "socialmente pericolose",( inserite con articolo 1 d.l. 1991, n. 152 coordinato con la legge di conversione 1991, n. 203) il magistrato di sorveglianza, sentito il direttore dell'istituto, può concedere permessi premio di durata non superiore ogni volta a quindici giorni per consentire di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro. La durata dei permessi non può superare complessivamente quarantacinque giorni in ciascun anno di espiazione.
2. Per i condannati minori di età la durata dei permessi premio non può superare ogni volta i venti giorni e la durata complessiva non può eccedere i sessanta giorni in ciascun anno di espiazione.
3. L'esperienza dei permessi premio é parte integrante del programma di trattamento e deve essere seguita dagli educatori e assistenti sociali penitenziari in collaborazione con gli operatori sociali del territorio.
"4. La concessione dei permessi è ammessa:
a) nei confronti dei condannati all'arresto o alla reclusione non superiore a tre anni anche se congiunta all'arresto;
b) nei confronti dei condannati alla reclusione superiore a tre anni, salvo quanto previsto dalla lettera c), dopo l'espiazione di almeno un quarto della pena;
c) nei confronti dei condannati alla reclusione per taluno dei delitti indicati nel comma primo dell'articolo 4-bis, dopo l'espiazione di almeno metà della penale, comunque, di non oltre dieci anni;
d) nei confronti dei condannati all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno dieci anni."
(comma modificato da articolo 1 d.l. 1991, n. 152 coordinato con la legge di conversione 1991, n. 203)
5. Nei confronti dei soggetti che durante l'espiazione della pena o delle misure restrittive hanno riportato condanna o sono imputati per delitto doloso commesso durante l'espiazione della pena o l'esecuzione di una misura restrittiva della libertà personale, la concessione è ammessa soltanto decorsi due anni dalla commissione del fatto.
6. Si applicano, ove del caso, le cautele previste per i permessi di cui al primo comma dell'articolo 30; si applicano altresì le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma dello stesso articolo.
7. Il provvedimento relativo ai permessi premio é soggetto a reclamo al tribunale di sorveglianza, secondo le procedure di cui all'articolo 30-bis.
8. La condotta dei condannati si considera regolare quando i soggetti, durante la detenzione, hanno manifestato costante senso di responsabilità e correttezza nel comportamento personale, nelle attività organizzate negli istituti e nelle eventuali attività lavorative o culturali".
Art. 31
Costituzione delle rappresentanze dei detenuti e degli internati
Le rappresentanze dei detenuti e degli internati previste dagli articoli 12 e 27 sono nominate per sorteggio secondo le modalità indicate dal regolamento interno dell'istituto.

CAPO IV

Regime penitenziario

Art. 32
Norme di condotta dei detenuti e degli internati. Obbligo di risarcimento del danno
I detenuti e gli internati, all'atto del loro ingresso negli istituti e, quando sia necessario, successivamente, sono informati delle disposizioni generali e particolari attinenti ai loro diritti e doveri, alla disciplina e al trattamento.
Essi devono osservare le norme e le disposizioni che regolano la vita penitenziaria.
Nessun detenuto o internato può avere, nei servizi dell'istituto, mansioni che importino un potere disciplinare o consentano la acquisizione di una posizione di preminenza sugli altri.
I detenuti e gli internati devono avere cura degli oggetti messi a loro disposizione e astenersi da qualsiasi danneggiamento di cose altrui.
I detenuti e gli internati che arrecano danno alle cose mobili o immobili dell'amministrazione penitenziaria sono tenuti a risarcirlo senza pregiudizio dello eventuale procedimento penale e disciplinare.
Art. 33
Isolamento
Negli istituti penitenziari l'isolamento continuo è ammesso:
1) quando è prescritto per ragioni sanitarie;
2) durante l'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune;
3) per gli imputati durante la istruttoria e per gli arrestati nel procedimento di prevenzione, se e fino a quando ciò sia ritenuto necessario dall'autorità giudiziaria.
Art. 34
Perquisizione personale
I detenuti e gli internati possono essere sottoposti a perquisizione personale per motivi di sicurezza.
La perquisizione personale deve essere effettuata nel pieno rispetto della personalità.
Art. 35
Diritto di reclamo
I detenuti e gli internati possono rivolgere istanze o reclami orali o scritti, anche in busta chiusa:
1) al direttore dell'istituto, nonché agli ispettori, al direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e al Ministro per la grazia e giustizia;
2) al magistrato di sorveglianza;
3) alle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all'istituto;
4) al presidente della giunta regionale;
5) al capo dello stato.
Art. 36
Regime disciplinare
Il regime disciplinare è attuato in modo da stimolare il senso di responsabilità e la capacità di autocontrollo. Esso è adeguato alle condizioni fisiche e psichiche dei soggetti.
Art. 37
Ricompense
Le ricompense costituiscono il riconoscimento del senso di responsabilità dimostrato nella condotta personale e nelle attività organizzate negli istituti.
Le ricompense e gli organi competenti a concederle sono previsti dal regolamento.
Art. 38
Infrazioni disciplinari
I detenuti e gli internati non possono essere puniti per un fatto che non sia espressamente previsto come infrazione dal regolamento.
Nessuna sanzione può essere inflitta se non con provvedimento motivato dopo la contestazione dell'addebito all'interessato, il quale è ammesso ad esporre le proprie discolpe.
Nell'applicazione delle sanzioni bisogna tener conto, oltre che della natura e della gravità del fatto, del comportamento e delle condizioni personali del soggetto.
Le sanzioni sono eseguite nel rispetto della personalità.
Art. 39
Sanzioni disciplinari
Le infrazioni disciplinari possono dar luogo solo alle seguenti sanzioni:
1) richiamo del direttore;
2) ammonizione, rivolta dal direttore, alla presenza di appartenenti al personale e di un gruppo di detenuti o internati;
3) esclusione da attività ricreative e sportive per non più di dieci giorni;
4) isolamento durante la permanenza all'aria aperta per non più di dieci giorni;
5) esclusione dalle attività in comune per non più di quindici giorni.
La sanzione della esclusione dalle attività in comune non può essere eseguita senza la certificazione scritta, rilasciata dal sanitario, attestante che il soggetto può sopportarla. Il soggetto escluso dalle attività in comune è sottoposto a costante controllo sanitario.
L'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune è sospesa nei confronti delle donne gestanti e delle puerpere fino a sei mesi, e delle madri che allattino la propria prole fino ad un anno.
Art. 40
Autorità competente a deliberare le sanzioni
Le sanzioni del richiamo e della ammonizione sono deliberate dal direttore.
Le altre sanzioni sono deliberate dal consiglio di disciplina, composto dal direttore o, in caso di suo legittimo impedimento, dall'impiegato più elevato in grado, con funzioni di presidente, dal sanitario e dall'educatore.
Art. 41
Impiego della forza fisica e uso dei mezzi di coercizione
Non è consentito l'impiego della forza fisica nei confronti dei detenuti e degli internati se non sia indispensabile per prevenire o impedire atti di violenza, per impedire tentativi di evasione o per vincere la resistenza, anche passiva, all'esecuzione degli ordini impartiti.
Il personale che, per qualsiasi motivo, abbia fatto uso della forza fisica nei confronti dei detenuti o degli internati, deve immediatamente riferirne al direttore dell'istituto il quale dispone, senza indugio, accertamenti sanitari e procede alle altre indagini del caso.
Non può essere usato alcun mezzo di coercizione fisica che non sia espressamente previsto dal regolamento e, comunque, non vi si può far ricorso a fini disciplinari ma solo al fine di evitare danni a persone o cose o di garantire la incolumità dello stesso soggetto. L'uso deve essere limitato al tempo strettamente necessario e deve essere costantemente controllato dal sanitario.
Gli agenti in servizio nell'interno degli istituti non possono portare armi se non nei casi eccezionali in cui ciò venga ordinato dal direttore.
" Art. 41-bis
(situazioni di emergenza)
. - 1. In casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza, il ministro di grazia e giustizia ha facoltà di sospendere nell'istituto interessato o in parte di esso l'applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati. La sospensione deve essere motivata dalla necessità di ripristinare l'ordine e la sicurezza e ha la durata strettamente necessaria al conseguimento del fine suddetto".( comma aggiunto con articolo 10 legge n. 663/1986)
" 2. Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del ministro dell'interno, il ministro di grazia e giustizia ha altresì la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti per taluno dei delitti di cui al comma 1 dell'articolo 4- bis, l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza.".
( comma aggiunto da articolo 19 d.l. 1992 n. 306 coordinato con la legge di conversione 1992 n. 356)

Articolo 1 comma legge 16 febbraio 1995 n .36 : l'efficacia delle disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 41-bis introdotto dalla legge n. 663/1986 e modificato dal decreto-legge 8 giugno n. 306/1992, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto n. 356/1992, è prorogata fino al 31 dicembre 1999.

2 - bis. Sui reclami avverso i provvedimenti del ministro di grazia e giustizia emessi a norma del comma 2 è competente a decidere il tribunale di sorveglianza che ha giurisdizione sull'istituto cui il condannato, l'internato o l'imputato è assegnato; tale competenza resta ferma anche nel caso di trasferimento disposto per uno dei motivi indicati nell'articolo 42 ".
( comma aggiunto da articolo 4 1 comma legge 7 gennaio 1998 n. 11)
Art. 42
"(trasferimenti)"
(rubrica sostituita da articolo 1 legge 1992 n. 492)
I trasferimenti sono disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dello istituto, per motivi di giustizia, di salute, di studio e familiari.
Nel disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare i soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie.
I detenuti e gli internati debbono essere trasferiti con il bagaglio personale e con almeno parte del loro peculio.
Le traduzioni dei detenuti e degli internati adulti vengono eseguite, nel tempo più breve possibile, dall'arma dei carabinieri e dal corpo delle guardie di pubblica sicurezza, con le modalità stabilite dalle leggi e dai regolamenti e, se trattasi di donne, con la assistenza di personale femminile. ( comma abrogato da articolo 1 legge 1992 n. 492)
Nelle traduzioni sono adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità, nonché per ridurne i disagi E’ consentito solo l'uso di manette tranne che ragioni di sicurezza impongano l'uso di altri mezzi. Nei casi indicati dal regolamento è consentito l'uso di abiti civili. ( comma abrogato da articolo 1 legge 1992 n. 492)
" Art. 42-bis
(traduzioni).
( introdotto da articolo 2 legge 1992 n. 492)
- 1. Sono traduzioni tutte le attività di accompagnamento coattivo, da un luogo ad un altro, di soggetti detenuti, internati, fermati, arrestati o comunque in condizione di restrizione della libertà personale.
2. Le traduzioni dei detenuti e degli internati adulti sono eseguite, nel tempo più breve possibile, dal corpo di polizia penitenziaria, con le modalità stabilite dalle leggi e dai regolamenti e, se trattasi di donne, con l'assistenza di personale femminile.
3. Le traduzioni di soggetti che rientrano nella competenza dei servizi dei centri per la giustizia minorile possono essere richieste, nelle sedi in cui non sono disponibili contingenti del corpo di polizia penitenziaria assegnati al settore minorile, ad altre forze di polizia.
4. Nelle traduzioni sono adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità, nonché per evitare ad essi inutili disagi. L'inosservanza della presente disposizione costituisce comportamento valutabile ai fini disciplinari.
5. Nelle traduzioni individuali l'uso delle manette ai polsi è obbligatorio quando lo richiedono la pericolosità del soggetto o il pericolo di fuga o circostanze di ambiente che rendono difficile la traduzione. In tutti gli altri casi l'uso delle manette ai polsi o di qualsiasi altro mezzo di coercizione fisica è vietato. Nel caso di traduzioni individuali di detenuti o internati la valutazione della pericolosità del soggetto o del pericolo di fuga è compiuta, all'atto di disporre la traduzione, dall'autorità giudiziaria o dalla direzione penitenziaria competente, le quali dettano le conseguenti prescrizioni.
6. Nelle traduzioni collettive è sempre obbligatorio l'uso di manette modulari multiple dei tipi definiti con decreto ministeriale. E’ vietato l'uso di qualsiasi altro mezzo di coercizione fisica.
7. Nelle traduzioni individuali e collettive è consentito, nei casi indicati dal regolamento, l'uso di abiti civili. Le traduzioni dei soggetti di cui al comma 3 sono eseguite, di regola, in abiti civili."
Art. 43
Dimissione
La dimissione dei detenuti e degli internati è eseguita senza indugio dalla direzione dell'istituto in base ad ordine scritto della competente autorità giudiziaria o di pubblica sicurezza.
Il direttore dell'istituto dà notizia della prevista dimissione, almeno tre mesi prima, al consiglio di aiuto sociale e al centro di servizio sociale del luogo in cui ha sede l'istituto ed a quelli del luogo dove il soggetto intende stabilire la sua residenza, comunicando tutti dati necessari per gli opportuni interventi assistenziali. Nel caso in cui il momento della dimissione non possa essere previsto tre mesi prima, il direttore dà le prescritte notizie non appena viene a conoscenza della relativa decisione.
"oltre a quanto stabilito da specifiche disposizioni di legge, il direttore informa anticipatamente il magistrato di sorveglianza, il questore e l'ufficio di polizia territorialmente competente di ogni dimissione anche temporanea dall'istituto."
( comma sostituito da articolo 18 d.l. 1992 n. 306 coordinato con la legge di conversione 1992 n. 356 )
Il consiglio di disciplina dell'istituto, all'atto della dimissione o successivamente, rilascia al soggetto, che lo richieda, un attestato con l'eventuale qualificazione professionale conseguita e notizie obiettive circa la condotta tenuta.
I soggetti, che ne sono privi, vengono provvisti di un corredo di vestiario civile.
Art. 44
Nascite, matrimoni, decessi
Negli atti di sto civile relativi ai matrimoni celebrati e alle nascite e morti avvenute in istituti di prevenzione e di pena non si fa menzione dello istituto.
La direzione dell'istituto deve dare immediata notizia del decesso di un detenuto o di un internato all'autorità giudiziaria del luogo, a quella da cui il soggetto dipendeva e al ministero di grazia e giustizia.
La salma è messa immediatamente a disposizione dei congiunti.

CAPO V

Assistenza

Art. 45
Assistenza alle famiglie
Il trattamento dei detenuti e degli internati è integrato da un'azione di assistenza alle loro famiglie.
Tale azione è rivolta anche a conservare e migliorare le relazioni dei soggetti con i familiari e a rimuovere le difficoltà che possono ostacolare il reinserimento sociale.
E’ utilizzata, all'uopo, la collaborazione degli enti pubblici e privati qualificati nell'assistenza sociale.
Art. 46
Assistenza post-penitenziaria
I detenuti e gli internati ricevono un particolare aiuto nel periodo di tempo che immediatamente precede la loro dimissione e per un congruo periodo a questa successivo.
Il definitivo reinserimento nella vita libera è agevolato da interventi di servizio sociale svolti anche in collaborazione con gli enti indicati nell'articolo precedente.
I dimessi affetti da gravi infermità fisiche o da infermità o anormalità psichiche sono segnalati, per la necessaria assistenza, anche agli organi preposti alla tutela della sanità pubblica.

CAPO VI

Misure alternative alla detenzione e remissione del debito

" Art. 47
(affidamento in prova al servizio sociale).
(modificato dalla legge n. 1/1977, e dalla legge n. 646/1982, nonché dal decreto-legge n. 144/1985 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 297/1985, è sostituito da articolo 11 legge n. 663/1986)
- 1. Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato può essere affidato al servizio sociale fuori dell'istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare.
2. Il provvedimento è adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalità, condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al comma quinto, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
" 3. L'affidamento in prova al servizio sociale può essere disposto senza procedere all'osservazione in istituto quando il condannato, dopo la commissione del reato, ha serbato comportamento tale da consentire il giudizio di cui al comma 2".( sostituito da articolo 2 1 comma legge 27 maggio 1998 n. 165)
" 4. Se l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale è proposta dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo dell'esecuzione, cui l'istanza deve essere rivolta, può sospendere l'esecuzione della pena e ordinare la liberazione del condannato, quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'ammissione all'affidamento in prova e al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione e non vi sia pericolo di fuga. La sospensione dell'esecuzione della pena opera sino alla decisione del tribunale di sorveglianza, cui il magistrato di sorveglianza trasmette immediatamente gli atti, e che decide entro quarantacinque giorni. Se l'istanza non è accolta, riprende l'esecuzione della pena, e non può essere accordata altra sospensione, quale che sia l'istanza successivamente proposta".(sostituto da articolo 2 comma legge 27 maggio 1998 n. 165 )
5. All'atto dello affidamento è redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali ed al lavoro.
6. Con lo stesso provvedimento può essere disposto che durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato; in particolare sono stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati.
7. Nel verbale deve anche stabilirsi che l'affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare.
8. Nel corso dell'affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza.
9. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita.
10. Il servizio sociale riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto.
11. L'affidamento è revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova.
12. L'esito positivo del periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale".
Art. 47-bis
(affidamento in prova in casi particolari).
( sostituito da articolo 12 n. 663/1986)
(abrogato da articolo 3 1 comma legge 27 maggio 1998, n. 165 )
" Art. 47-ter
(detenzione domiciliare).
( modificato e integrato da articolo 4 1 comma legge 27 maggio 1998, n. 165 )
- 1. La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell'arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza, quando trattasi di:
a) donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci, con lei convivente;
b) padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole;
c) persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;
d) persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente;
e) persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.
1-bis. La detenzione domiciliare può essere applicata per l'espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1 quando non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati. La presente disposizione non si applica ai condannati per i reati di cui all'articolo 4-bis.
1-ter. Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma 1, può disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che può essere prorogato. L'esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare.
1-quater. Se l'istanza di applicazione della detenzione domiciliare è proposta dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza cui la domanda deve essere rivolta può disporre l'applicazione provvisoria della misura, quando ricorrono i requisiti di cui ai commi 1 e 1-bis. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 47, comma 4."
2. La detenzione domiciliare non può essere concessa quando è accertata l'attualità di collegamenti del condannato con la criminalità organizzata o di una scelta di criminalità.(comma abrogato da articolo 1 legge n. 203/1991)
3. Se la condanna di cui al comma primo deve essere eseguita nei confronti di persona che trovasi in stato di libertà o ha trascorso la custodia cautelare, o la parte terminale di essa, in regime di arresti domiciliari, si applica la procedura di cui al comma quarto dell'articolo 47.
( comma abrogato da articolo 4 1 comma legge 27 maggio 1998, n. 165 )
4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne fissa le modalità secondo quanto stabilito "dall'articolo 284 del codice di procedura penale". (modificato da articolo 4 1 comma legge 27 maggio 1998, n. 165 ) Determina e impartisce altresì le disposizioni per gli interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la detenzione domiciliare.
5. Il condannato nei confronti del quale è disposta la detenzione domiciliare non è sottoposto al regime penitenziario previsto dalla presente legge e dal relativo regolamento di esecuzione. Nessun onere grava sull'amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l'assistenza medica del condannato che trovasi in detenzione domiciliare.
6. La detenzione domiciliare è revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione delle misure.
7. Deve essere inoltre revocata quando vengono a cessare le condizioni previste "nei commi 1 e 1-bis." (comma modificato da articolo 4 1 comma legge 27 maggio 1998, n. 165 )
8. Il condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati nel comma primo, se ne allontana, è punito ai sensi dell'articolo 385 del codice penale . Si applica la disposizione dell'ultimo comma dello stesso articolo.
9. La denuncia per il delitto di cui al comma ottavo importa la sospensione del beneficio e la condanna ne importa la revoca". (comma aggiunto da articolo 13 Legge n. 663/1986 )
"9-bis. Se la misura di cui al comma 1-bis é revocata ai sensi dei commi precedenti la pena residua non può essere sostituita con altra misura".(aggiunto da articolo 4 1 comma legge 27 maggio 1998, n. 165)
Art. 48
Regime di semilibertà
Il regime di semilibertà consiste nella concessione al condannato e all'internato di trascorrere parte del giorno fuori dell'istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale.
I condannati e gli internati ammessi al regime di semilibertà sono assegnati in appositi istituti o apposite sezioni autonome di istituti ordinari e indossano abiti civili.
(terzo comma abrogato da articolo 29 Legge 663/1986)
Art. 49
Ammissione obbligatoria al regime di semilibertà
( abrogato da articolo 110 legge n. 689/1981)
" Art. 50
(ammissione alla semilibertà)
( sostituito da articolo 14 legge n. 663/1986)
- 1. Possono essere espiate in regime di semilibertà la pena dell'arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale.
"2. Fuori dei casi previsti dal comma primo, il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà soltanto dopo l'espiazione di almeno metà della pena ovvero, se si tratta di condannato per taluno dei delitti indicati nel comma primo dell'articolo 4-bis, di almeno due terzi di essa. L'internato può esservi ammesso in ogni tempo. Tuttavia, nei casi previsti dall'articolo 47, : "se mancano i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale",(modifica ex articolo 5 1 comma legge 27 maggio 1998 n. 165) il condannato per un reato diverso da quelli indicati nel comma primo dell'articolo 4-bis può essere ammesso al regime di semilibertà anche prima della espiazione di metà della pena.". ( sostituito da articolo 1 4 comma decreto-legge 13 maggio 1991 n. 152 coordinato con la legge di conversione 12 luglio 1991 n. 203)
3. Per il computo della durata delle pene non si tiene conto della pena pecuniaria inflitta congiuntamente a quella detentiva.
4. L'ammissione al regime di semilibertà è disposta in relazione ai progressi compiuti nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società.
5. Il condannato all'ergastolo può essere ammesso al regime di semilibertà dopo avere espiato almeno venti anni di pena.
" 6. Nei casi previsti dal comma 1, se il condannato ha dimostrato la propria volontà di reinserimento nella vita sociale, la semilibertà può essere altresì disposta successivamente all'inizio dell'esecuzione della pena. Si applica l'articolo 47, comma 4, in quanto compatibile.".(sostituito da articolo 5 1 comma legge 27 maggio 1998 n. 165)
7. Se l'ammissione alla semilibertà riguarda una detenuta madre di un figlio di età inferiore a tre anni, essa ha diritto di usufruire della casa per la semilibertà di cui all'ultimo comma dell'articolo 92 del decreto del presidente della repubblica 29 aprile 1976, n. 431".
Art. 51
Sospensione e revoca del regime di semilibertà
Il provvedimento di semilibertà può essere in ogni tempo revocato quando il soggetto non si appalesi idoneo al trattamento.
Il condannato, ammesso al regime di semilibertà, che rimane assente dall'istituto senza giustificato motivo, per non più di dodici ore, è punito in via disciplinare e può essere proposto per la revoca della concessione.
Se l'assenza si protrae per un tempo maggiore, il condannato è punibile a norma del primo comma dell' articolo 385 del codice penale ed è applicabile la disposizione dell'ultimo capoverso dello stesso articolo.
La denuncia per il delitto di cui al precedente comma importa la sospensione del beneficio e la condanna ne importa la revoca.
All'internato ammesso al regime di semilibertà che rimane assente dall'istituto senza giustificato motivo, per oltre tre ore, si applicano le disposizioni dell'ultimo comma dell' articolo 53 .
" Art. 51-bis
(sopravvenienza di nuovi titoli di privazione della libertà).
( aggiunto da articolo 15 legge n. 663/1986 )
- 1. Quando durante l'attuazione dell'affidamento in prova al servizio sociale o della detenzione domiciliare o del regime di semilibertà sopravviene un titolo di esecuzione di altra pena detentiva, il direttore dello istituto penitenziario o il direttore del centro di servizio sociale informa immediatamente il magistrato di sorveglianza. Se questi, tenuto conto del cumulo delle pene, rileva che permangono le condizioni di cui al comma primo dello articolo 47 o al comma primo dell'articolo 47-ter o ai primi tre commi dell'articolo 50, dispone con decreto la prosecuzione provvisoria della misura in corso; in caso contrario dispone la sospensione della misura stessa. Il magistrato di sorveglianza trasmette quindi gli atti al tribunale di sorveglianza che deve decidere nel termine di venti giorni la prosecuzione o la cessazione della misura".
" Art. 51-ter
(sospensione cautelativa delle misure alternative).
( aggiunto da articolo 16 legge n. 663/1986 )
- 1. Se l'affidato in prova al servizio sociale o l'ammesso al regime di semilibertà o di detenzione domiciliare pone in essere comportamenti tali da determinare la revoca della misura, il magistrato di sorveglianza nella cui giurisdizione essa è in corso ne dispone con decreto motivato la provvisoria sospensione, ordinando l'accompagnamento del trasgressore in istituto. Trasmette quindi immediatamente gli atti al tribunale di sorveglianza per le decisioni di competenza. Il provvedimento di sospensione del magistrato di sorveglianza cessa di avere efficacia se la decisione del tribunale di sorveglianza non interviene entro trenta giorni dalla ricezione degli atti".
Art. 52
Licenza al condannato ammesso al regime di semilibertà
Al condannato ammesso al regime di semilibertà possono essere concesse a titolo di premio una o più licenze di durata non superiore nel complesso a giorni quarantacinque all'anno.
Durante la licenza il condannato è sottoposto al regime della libertà vigilata.
Se il condannato durante la licenza trasgredisce agli obblighi impostigli, la licenza può essere revocata indipendentemente dalla revoca della semilibertà.
Al condannato che, allo scadere della licenza o dopo la revoca di essa, non rientra in istituto sono applicabili le disposizioni di cui al precedente articolo.
Art. 53
Licenze agli internati
Agli internati può essere concessa una licenza di sei mesi nel periodo immediatamente precedente alla scadenza fissata per il riesame di pericolosità.
Ai medesimi può essere concessa, per gravi esigenze personali o familiari, una licenza di durata non superiore a giorni quindici; può essere inoltre concessa una licenza di durata non superiore a giorni trenta, una volta all'anno, al fine di favorirne il riadattamento sociale.
Agli internati ammessi al regime di semilibertà possono inoltre essere concesse, a titolo di premio, le licenze previste nel primo comma dell'articolo precedente.
Durante la licenza l'internato è sottoposto al regime della libertà vigilata.
Se l'internato durante la licenza trasgredisce agli obblighi impostigli, la licenza può essere revocata indipendentemente dalla revoca della semilibertà.
L'internato che rientra in istituto dopo tre ore dallo scadere della licenza, senza giustificato motivo, è punito in via disciplinare e, se in regime di semilibertà, può subire la revoca della concessione.
" Art. 53-bis
(computo del periodo di permesso o licenza).
( aggiunto da articolo 17 legge n. 663/1986 )
- 1. Il tempo trascorso dal detenuto o dall'internato in permesso o licenza è computato a ogni effetto nella durata delle misure restrittive della libertà personale, salvi i casi di mancato rientro o di altri gravi comportamenti da cui risulta che il soggetto non si è dimostrato meritevole del beneficio. In questi casi sull'esclusione dal computo decide, con decreto motivato, il magistrato di sorveglianza.
2. Avverso il decreto può essere proposto dall'interessato reclamo al tribunale di sorveglianza secondo la procedura di cui all'articolo 14-ter. Il magistrato che ha emesso il provvedimento non fa parte del collegio".

Art. 54
"(liberazione anticipata).
( sostituto da articolo 18 legge n. 663/1986 )
1. Al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione è concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata. A tal fine è valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare.
2. La concessione del beneficio è comunicata all'ufficio del pubblico ministero presso la corte d'appello o il tribunale che ha emesso il provvedimento di esecuzione o al pretore se tale provvedimento è stato da lui emesso.
3. La condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell'esecuzione successivamente alla concessione del beneficio ne comporta la revoca.
4. Agli effetti del computo della misura di pena che occorre avere espiato per essere ammessi ai benefici dei permessi premio, della semilibertà e della liberazione condizionale, la parte di pena detratta ai sensi del comma primo si considera come scontata. La presente disposizione si applica anche ai condannati all'ergastolo".

Art. 55
(interventi del servizio sociale nella libertà vigilata).
( sostituito da articolo 6 Legge n. 1/1977)
- nei confronti dei sottoposti alla libertà vigilata, ferme restando le disposizioni di cui allo articolo 228 del codice penale ,il servizio sociale svolge interventi di sostegno e di assistenza al fine del loro reinserimento sociale."

Art. 56
"(remissione del debito).
( sostituito da articolo 19 Legge n. 663/1986
- 1. Il debito per le spese di procedimento e di mantenimento è rimesso nei confronti dei condannati e degli internati che si trovano in disagiate condizioni economiche e hanno tenuto regolare condotta ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 30-ter. La relativa domanda può essere proposta fino a che non sia conclusa la procedura per il recupero delle spese".)
Art. 57
Legittimazione alla richiesta dei benefici
Il trattamento ed i benefici di cui agli articoli 47 ,50,52,53,54 e 56 possono essere richiesti dal condannato, dall'internato e dai loro prossimi congiunti o proposti dal consiglio di disciplina.
Art. 58
Comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza
Dei provvedimenti previsti dal presente capo ed adottati dal magistrato o dalla sezione di sorveglianza, esclusi quelli di cui all' articolo 56, è data immediata comunicazione all'autorità provinciale di pubblica sicurezza a cura della cancelleria.
" Art. 58-bis
(iscrizione nel casellario giudiziale).
( aggiunto da articolo 74 Legge n. 689/1981 )
- nel casellario giudiziale sono iscritti i provvedimenti della sezione di sorveglianza relativi alla irrogazione e alla revoca delle misure alternative alla pena detentiva".
" Art. 58-ter
(persone che collaborano con la giustizia).
( aggiunto da articolo 15 d.l. 1991, n. 152 coordinato con la legge di conversione 1991, n. 203)
- 1. Le disposizioni del comma primo dell'articolo 21, dei comma quarto dell'articolo 30-ter e del comma secondo dell'articolo 50, concernenti le persone condannate per taluno dei delitti indicati nel comma primo dell'articolo 4-bis, non si applicano a coloro che, anche dopo la condanna, si sono adoperati per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero hanno aiutato concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori dei reati.
2. Le condotte indicate nel comma primo sono accertate dal tribunale di sorveglianza, assunte le necessarie informazioni e sentito il pubblico ministero presso il giudice competente per i reati in ordine ai quali é stata presentata la collaborazione.".
"Art. 58 - quater
(divieto di concessione di benefici).
( aggiunto da articolo 15 d.l. 1991, n. 152 coordinato con la legge di conversione 1991, n. 203)
- 1. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio, l'affidamento in prova al servizio sociale nei casi previsti dall'articolo 47, la detenzione domiciliare e la semilibertà non possono essere concessi al condannato per uno dei delitti previsti nel comma 1 dell'articolo 4-bis che ha posto in essere una condotta punibile a norma dell'articolo 385 del codice penale.
2. La disposizione del comma 1 si applica anche al condannato nei cui confronti è stata disposta la revoca di una misura alternativa ai sensi dell'articolo 47, comma 11, dell'articolo 47- ter, comma 6, o dell'articolo 51, primo comma.
3. Il divieto di concessione dei benefici opera per un periodo di tre anni dal momento in cui è ripresa l'esecuzione della custodia o della pena o è stato emesso il provvedimento di revoca indicato nel comma 2.
4. I condannati per i delitti di cui agli articoli 289- bis e 630 del codice penale che abbiano cagionato la morte del sequestrato non sono ammessi ad alcuno dei benefici indicati nel comma 1 dell'articolo 4- bis se non abbiano effettivamente espiato almeno i due terzi della pena irrogata o, nel caso dell'ergastolo, almeno ventisei anni.".
" 5. Oltre a quanto previsto dai commi 1 e 3, l'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo vi non possono essere concessi, o se già concessi sono revocati, ai condannati per taluni dei delitti indicati nel comma 1 dell'articolo 4-bis, nei cui confronti si procede o è pronunciata condanna per un delitto doloso punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, commesso da chi ha posto in essere una condotta punibile a norma dell'articolo 385 del codice penale ovvero durante il lavoro all'esterno o la fruizione di un permesso premio o di una misura alternativa alla detenzione.
6. Ai fini dell'applicazione della disposizione di cui al comma 5, l'autorità che procede per il nuovo delitto ne dà comunicazione al magistrato di sorveglianza del luogo di ultima detenzione dell'imputato.
7. Il divieto di concessione dei benefici di cui al comma 5 opera per un periodo di cinque anni dal momento in cui è ripresa l'esecuzione della custodia o della pena o é stato emesso il provvedimento di revoca della misura.". ( 5-7 commi aggiunti da articolo 14 d.l. 1992 n. 306 coordinato con la legge di conversione 1992 n. 356 )

TITOLO II

Disposizioni relative alla organizzazione penitenziaria

CAPO I

Istituti penitenziari

Art. 59
Istituti per adulti
Gli istituti per adulti dipendenti dall'amministrazione penitenziaria si distinguono in:
1) istituti di custodia preventiva;
2) istituti per l'esecuzione delle pene;
3) istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza;
4) centri di osservazione.
Art. 60
Istituti di custodia preventiva
Gli istituti di custodia preventiva si distinguono in case mandamentali e circondariali.
Le case mandamentali assicurano la custodia degli imputati a disposizione del pretore. Esse sono istituite nei capoluoghi di mandamento che non sono sede di case circondariali.
Le case circondariali assicurano la custodia degli imputati a disposizione di ogni autorità giudiziaria. Esse sono istituite nei capoluoghi di circondario.
Le case mandamentali e circondariali assicurano altresì la custodia delle persone fermate o arrestate dall'autorità di pubblica sicurezza o dagli organi di polizia giudiziaria e quella dei detenuti e degli internati in transito.
Può essere istituita una sola casa mandamentale o circondariale rispettivamente per più mandamenti o circondari.
Art. 61
Istituti per l'esecuzione delle pene
Gli istituti per l'esecuzione delle pene si distinguono in:
1) case di arresto, per l'esecuzione della pena dell'arresto.
Sezioni di case di arresto possono essere istituite presso le case di custodia mandamentali o circondariali;
2) case di reclusione, per l'esecuzione della pena della reclusione.
Sezioni di case di reclusione possono essere istituite presso le case di custodia circondariali.
Per esigenze particolari, e nei limiti e con le modalità previste dal regolamento, i condannati alla pena dell'arresto o della reclusione possono essere assegnati alle case di custodia preventiva; i condannati alla pena della reclusione possono essere altresì assegnati alle case di arresto.
Art. 62
Istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza detentive
Gli istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza detentive si distinguono in:
Colonie agricole;
Case di lavoro;
Case di cura e custodia;
Ospedali psichiatrici giudiziari.
In detti istituti si eseguono le misure di sicurezza rispettivamente previste dai numeri 1, 2 e 3 del primo capoverso dell' articolo 215 del codice penale.
Possono essere istituite:
Sezioni per l'esecuzione della misura di sicurezza della colonia agricola presso una casa di lavoro e viceversa;
Sezioni per l'esecuzione della misura di sicurezza della casa di cura e di custodia presso un ospedale psichiatrico giudiziario;
Sezioni per l'esecuzione delle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro presso le case di reclusione.
Art. 63
Centri di osservazione
I centri di osservazione sono costituiti come istituti autonomi o come sezioni di altri istituti.
I predetti svolgono direttamente le attività di osservazione indicate nell' articolo 13 e prestano consulenze per le analoghe attività di osservazione svolte nei singoli istituti.
Le risultanze dell'osservazione sono inserite nella cartella personale.
Su richiesta dell'autorità giudiziaria possono essere assegnate ai detti centri per la esecuzione di perizie medico-legali anche le persone sottoposte a procedimento penale.
I centri di osservazione svolgono, altresì, attività di ricerca scientifica.
Art. 64
Differenziazione degli istituti per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza
I singoli istituti devono essere organizzati con caratteristiche differenziate in relazione alla posizione giuridica dei detenuti e degli internati e alle necessità di trattamento individuale o di gruppo degli stessi.
Art. 65
Istituti per infermi e minorati
I soggetti affetti da infermità o minorazioni fisiche o psichiche devono essere assegnati ad istituti o sezioni speciali per idoneo trattamento.
A tali istituti o sezioni sono assegnati i soggetti che, a causa delle loro condizioni, non possono essere sottoposti al regime degli istituti ordinari.
Art. 66
Costituzione, trasformazione e soppressione degli istituti
La costituzione, la trasformazione, la soppressione degli istituti penitenziari nonché delle sezioni sono disposte con decreto ministeriale.
Art. 67
Visite agli istituti
Gli istituti penitenziari possono essere visitati senza autorizzazione da:
a) il presidente del consiglio dei ministri e il presidente della corte costituzionale;
b) i ministri, i giudici della corte costituzionale, i sottosegretari di stato, i membri del parlamento e i componenti del consiglio superiore della magistratura;
c) il presidente della corte di appello, il procuratore generale della repubblica presso la corte d'appello, il presidente del tribunale e il procuratore della repubblica presso il tribunale, il pretore, i magistrati di sorveglianza, nell'ambito delle rispettive giurisdizioni; ogni altro magistrato per l'esercizio delle sue funzioni;
d) i consiglieri regionali e il commissario di governo per la regione, nell'ambito della loro circoscrizione;
e) l'ordinario diocesano per l'esercizio del suo ministero;
f) il prefetto e il questore della provincia; il medico provinciale;
g) il direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e i magistrati e i funzionari da lui delegati;
h) gli ispettori generali dell'amministrazione penitenziaria;
i) l'ispettore dei cappellani;
l) gli ufficiali del corpo degli agenti di custodia.
L'autorizzazione non occorre nemmeno per coloro che accompagnano le persone di cui al comma precedente per ragioni del loro ufficio "e per il personale indicato nell'articolo 18- bis." ( modificato da articolo 16 d.l. 1992 n. 306 coordinato con la legge di conversione 1992 n. 356)
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono accedere agli istituti, per ragioni del loro ufficio, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria.
Possono accedere agli istituti, con l'autorizzazione del direttore, i ministri del culto cattolico e di altri culti.

CAPO II

Giudici di sorveglianza

" Art. 68
(uffici di sorveglianza).
( sostituito da articolo 20 legge n. 663/1986 )
- 1. Gli uffici di sorveglianza sono costituiti nelle sedi di cui alla tabella a allegata alla presente legge e hanno giurisdizione sulle circoscrizioni dei tribunali in essa indicati.
2. Ai suddetti uffici, per l'esercizio delle funzioni rispettivamente elencate negli articoli 69, 70 e 70-bis, sono assegnati magistrati di cassazione, di appello e di tribunale nonché personale del ruolo delle cancellerie e segreterie giudiziarie e personale esecutivo e subalterno.
3. Con decreto del presidente della corte di appello può essere temporaneamente destinato a esercitare le funzioni del magistrato di sorveglianza mancante o impedito un giudice avente la qualifica di magistrato di cassazione, di appello o di tribunale.
4. I magistrati che esercitano funzioni di sorveglianza non debbono essere adibiti ad altre funzioni giudiziarie".
" Art. 69
(funzioni e provvedimenti del magistrato di sorveglianza).
( sostituito da articolo 21 Legge n. 663/1986 )
1. Il magistrato di sorveglianza vigila sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e di pena e prospetta al ministro le esigenze dei vari servizi, con particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo.
2. Esercita, altresì, la vigilanza diretta ad assicurare che l'esecuzione della custodia degli imputati sia attuata in conformità delle leggi e dei regolamenti.
3. Sovrintende all'esecuzione delle misure di sicurezza personali.
4. Provvede al riesame della pericolosità ai sensi del primo e secondo comma dell' articolo 208 del codice penale , nonché all'applicazione, esecuzione, trasformazione o revoca, anche anticipata, delle misure di sicurezza. Provvede altresì, con decreto motivato, in occasione dei provvedimenti anzidetti, alla eventuale revoca della dichiarazione di delinquenza abituale, professionale o per tendenza di cui agli articoli 102, 103, 104, 105 e 108 del codice penale.
5. Approva, con decreto, il programma di trattamento di cui al terzo comma dell'articolo 13, ovvero, se ravvisa in esso elementi che costituiscono violazione dei diritti del condannato o dell'internato, lo restituisce, con osservazioni, al fine di una nuova formulazione. Approva, con decreto, il provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno. Impartisce, inoltre, nel corso del trattamento, disposizioni dirette ad eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati.
6. Decide con ordinanza impugnabile soltanto per cassazione, secondo la procedura di cui all'articolo 14-ter, sui reclami dei detenuti e degli internati concernenti l'osservanza delle norme riguardanti:
a) l'attribuzione della qualifica lavorativa, la mercede e la remunerazione nonché lo svolgimento delle attività di tirocinio e di lavoro e le assicurazioni sociali;
b) le condizioni di esercizio del potere disciplinare, la costituzione e la competenza dell'organo disciplinare, la contestazione degli addebiti e la facoltà di discolpa.
7. Provvede, con decreto motivato, sui permessi, sulle licenze ai detenuti semiliberi ed agli internati, e sulle modifiche relative all'affidamento in prova al servizio sociale e alla detenzione domiciliare.
8. Provvede, con ordinanza, sulla remissione del debito di cui all'articolo 56 della presente legge e sui ricoveri di cui all' articolo 148 del codice penale .
9. Esprime motivato parere sulle proposte e le istanze di grazia concernenti i detenuti.
10. Svolge, inoltre, tutte le altre funzioni attribuitegli dalla legge".
" Art. 70
(funzioni e provvedimenti del tribunale di sorveglianza)
( sostituito da articolo 22 legge n. 663/1986)
1. In ciascun distretto di corte d'appello e in ciascuna circoscrizione territoriale di sezione distaccata di corte d'appello è costituito un tribunale di sorveglianza competente per l'affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare, la semilibertà, la liberazione condizionale, la riduzione di pena per la liberazione anticipata, la revoca o cessazione dei suddetti benefici, il rinvio obbligatorio o facoltativo dell'esecuzione delle pene detentive ai sensi degli articoli 146 e 147, numeri 2) e 3), del codice penale, nonché per ogni altro provvedimento ad esso attribuito dalla legge.
2. Il tribunale di sorveglianza decide inoltre in sede di appello sui ricorsi avverso i provvedimenti di cui al comma quarto dell'articolo 69. Il magistrato che ha emesso il provvedimento non fa parte del collegio.
3. Il tribunale è composto da tutti i magistrati di sorveglianza in servizio nel distretto o nella circoscrizione territoriale della sezione distaccata di corte d'appello e da esperti scelti fra le categorie indicate nel quarto comma dell'articolo 80, nonché fra docenti di scienze criminalistiche.
4. Gli esperti effettivi e supplenti sono nominati dal consiglio superiore della magistratura in numero adeguato alle necessità del servizio presso ogni tribunale per periodi triennali rinnovabili.
5. I provvedimenti del tribunale sono adottati da un collegio composto dal presidente o, in sua assenza o impedimento, dal magistrato di sorveglianza che lo segue nell'ordine delle funzioni giudiziarie e, a parità di funzioni, nell'anzianità; da un magistrato di sorveglianza e da due fra gli esperti di cui al precedente comma quarto.
6. Uno dei due magistrati ordinari deve essere il magistrato di sorveglianza sotto la cui giurisdizione è posto il condannato o l'internato in ordine alla cui posizione si deve provvedere.
7. La composizione dei collegi giudicanti è annualmente determinata secondo le disposizioni dell'ordinamento giudiziario.
8. Le decisioni del tribunale sono emesse con ordinanza in camera di consiglio; in caso di parità di voti prevale il voto del presidente.
9. Agli esperti componenti del tribunale è riservato il trattamento economico assegnato agli esperti di cui al quarto comma dell'articolo 80 operanti negli istituti di prevenzione e di pena".
" Art. 70-bis
(presidente del tribunale di sorveglianza)
( aggiunto da articolo 23 Legge n. 663/1986 )
- 1. Le funzioni di presidente del tribunale di sorveglianza sono conferite a un magistrato di cassazione o, per i tribunali istituiti nelle sezioni distaccate di corte d'appello, a un magistrato d'appello.
2. Il presidente del tribunale, fermo l'espletamento delle funzioni di magistrato di sorveglianza nell'ufficio di appartenenza, provvede:
a) a dirigere e ad organizzare le attività del tribunale di sorveglianza;
b) a coordinare, in via organizzativa, in funzione del disbrigo degli affari di competenza del tribunale, l'attività degli uffici di sorveglianza compresi nella giurisdizione del tribunale medesimo;
c) a disporre le applicazioni dei magistrati e del personale ausiliario nell'ambito dei vari uffici di sorveglianza nei casi di assenza, impedimento o urgenti necessità di servizio;
d) a richiedere al presidente della corte di appello l'emanazione dei provvedimenti di cui al comma terzo dell'articolo 68;
e) a proporre al consiglio superiore della magistratura la nomina degli esperti effettivi o supplenti componenti del tribunale e a compilare le tabelle per gli emolumenti loro spettanti;
f) a svolgere tutte le altre attività a lui riservate dalla legge e dai regolamenti".
" Art. 70-ter
(nuove denominazioni).
( aggiunto da articolo 24 Legge n. 663/1986 )
- 1. Le denominazioni "sezione di sorveglianza" e "giudice di sorveglianza" di cui alle leggi vigenti sono rispettivamente sostituite dalle seguenti: "tribunale di sorveglianza" e "magistrato di sorveglianza".
2. Per il funzionamento del tribunale di sorveglianza nonché degli uffici di sorveglianza di cui allo articolo 68 si provvede con assegnazioni dirette di fondi e di attrezzature mediante prelievo delle somme necessarie dagli appositi capitoli del bilancio di previsione del ministero di grazia e giustizia".
Capo II - bis
"procedimento di sorveglianza". (aggiunto da articolo 10 Legge n. 1/1977)
" Art. 71
(norme generali).
( modificato da articolo 25 legge n. 663/1986 )
1. Per l'adozione dei provvedimenti di competenza del tribunale di sorveglianza espressamente indicati nei commi primo e secondo dello articolo 70, nonché dei provvedimenti del magistrato di sorveglianza in materia di remissione del debito, di ricoveri di cui all'articolo 148 del codice penale , di applicazione, esecuzione, trasformazione o revoca anche anticipata delle misure di sicurezza e di quelli relativi all'accertamento dell'identità personale ai fini delle dette misure, si applica il procedimento di cui ai commi e agli articoli seguenti.
2. Il presidente del tribunale o il magistrato di sorveglianza, a seguito di richiesta o di proposta ovvero di ufficio, invita l'interessato ad esercitare la facoltà di nominare un difensore. Se l'interessato non vi provvede entro cinque giorni dalla comunicazione dell'invito, il difensore é nominato di ufficio dal presidente del tribunale o dal magistrato di sorveglianza. Successivamente il presidente del tribunale o il magistrato di sorveglianza fissa con decreto il giorno della trattazione e ne fa comunicare avviso al pubblico ministero, all'interessato e al difensore almeno cinque giorni prima di quello stabilito.
3. La competenza spetta al tribunale o al magistrato di sorveglianza che hanno giurisdizione sull'istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l'interessato all'atto della richiesta o della proposta o all'inizio d'ufficio del procedimento.
4. Se l'interessato non è detenuto o internato, la competenza spetta al tribunale o al magistrato di sorveglianza che hanno giurisdizione nel luogo in cui l'interessato ha la residenza o il domicilio. Nel caso in cui non sia possibile determinare la competenza secondo il criterio sopra indicato, si applica la disposizione del secondo comma dell'articolo 635 del codice di procedura penale.
5. Le disposizioni contenute nel capo primo del titolo quinto del libro quarto del codice di procedura penale sono applicabili in quanto non diversamente disposto dalla presente legge. L'articolo 641 del codice di procedura penale resta in vigore limitatamente ai casi di cui all'articolo 212 dello stesso codice".
" Art. 71-bis
(udienza).
(aggiunto da articolo 11 legge n. 1/1977)
- l'udienza si svolge con la partecipazione del difensore e del rappresentante dello ufficio del pubblico ministero. L'interessato può partecipare personalmente alla discussione e presentare memorie. Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate, davanti alla sezione di sorveglianza, dal procuratore generale presso la corte di appello e, davanti al magistrato di sorveglianza, dal procuratore della repubblica presso il tribunale della sede dell'ufficio di sorveglianza.
I provvedimenti della sezione e del magistrato di sorveglianza sono emessi sulla base dell'acquisizione in udienza dei documenti relativi all'osservazione e al trattamento nonché, quando occorre, svolgendo i necessari accertamenti ed avvalendosi della consulenza dei tecnici del trattamento.
L'ordinanza che conclude il procedimento di sorveglianza é comunicata al pubblico ministero, all'interessato e al difensore nel termine di dieci giorni dalla data della deliberazione".
" Art. 71-ter
(ricorso per cassazione).
( sostituito da articolo 26 Legge n. 663/1986 )
- 1. Avverso le ordinanze del tribunale di sorveglianza e del magistrato di sorveglianza, il pubblico ministero, l'interessato e, nei casi di cui agli articoli 14-ter e 69, comma sesto, l'amministrazione penitenziaria, possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge entro dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento. Si applicano le disposizioni del terzo comma dell'articolo 640 del codice di procedura penale . Si applica, altresì, l'ultimo comma dello articolo 631 del codice di procedura penale ".
" Art. 71-quater
(comunicazioni).
(aggiunto da articolo 11 legge n. 1/1977)
- le comunicazioni all'interessato degli avvisi e dei provvedimenti previsti negli articoli precedenti sono effettuati ai sensi dell' articolo 645 del codice di procedura penale".
" Art. 71-quinquies
(revoca).
(aggiunto da articolo 11 legge n. 1/1977 e abrogato da articolo 27 legge n. 663/1986)
- alla revoca delle riduzioni di pena, ai sensi del terzo comma dello articolo 54 quando la condanna é intervenuta successivamente alla liberazione anticipata, la sezione di sorveglianza provvede secondo le modalità stabilite per gli incidenti di esecuzione."
" Art. 71-sexies
(inammissibilità).
(aggiunto da articolo 11 legge n. 1/1977)
- qualora l'istanza per l'adozione dei provvedimenti indicati nel primo comma dell'articolo 71,appaia manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge, ovvero costituisca mera riproposizione di una istanza basata sui medesimi elementi, il presidente, sentito il pubblico ministero, emette decreto motivato con il quale dichiara inammissibile l'istanza e dispone non farsi luogo a procedimento di sorveglianza.
Il decreto è comunicato entro cinque giorni all'interessato, il quale ha facoltà di proporre opposizione nel termine di cinque giorni dalla comunicazione stessa facendo richiesta di trattazione.
A seguito dell'opposizione, il presidente della sezione dà corso al procedimento di sorveglianza".

CAPO III

Servizio sociale e assistenza

Art. 72
Centri di servizio sociale
Nelle sedi degli uffici di sorveglianza sono istituiti centri di servizio sociale per adulti.
Il ministro per la grazia e giustizia può disporre, con suo decreto, che per più uffici di sorveglianza sia istituito un solo centro di servizio sociale stabilendone la sede.
I centri di servizio sociale dipendono dall'amministrazione penitenziaria e la loro organizzazione é disciplinata dal regolamento.
I centri, a mezzo del personale di servizio sociale, provvedono ad eseguire, su richiesta del magistrato di sorveglianza o della sezione di sorveglianza, le inchieste sociali utili a fornire i dati occorrenti per l'applicazione, la modificazione, la proroga e la revoca delle misure di sicurezza e per il trattamento dei condannati e degli internati, nonché a prestare la loro opera per assicurare il reinserimento nella vita libera dei sottoposti a misure di sicurezza non detentive.
I centri prestano inoltre, su richiesta delle direzioni degli istituti, opera di consulenza per favorire il buon esito del trattamento penitenziario. Svolgono, infine, ogni altra attività prevista dalla presente legge che comporti interventi di servizio sociale.
Art. 73
Cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto
Presso la direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena è istituita la cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto.
La cassa ha personalità giuridica, é amministrata con le norme della contabilità di stato e può avvalersi del patrocinio dell'avvocatura dello stato.
Per il bilancio, l'amministrazione e il servizio della cassa si applicano le norme previste dall' articolo 4 della legge 9 maggio 1932, n. 547.
La cassa è amministrata da un consiglio composto:
1) dal direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena, presidente;
2) da un rappresentante del ministero del tesoro;
3) da un rappresentante del ministero dell'interno.
Le funzioni di segretario sono esercitate dal direttore dell'ufficio della direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena, competente per l'assistenza.
Nessuna indennità o retribuzione è dovuta alle persone suddette.
Il patrimonio della cassa è costituito, oltre che dai lasciti, donazioni o altre contribuzioni, dalle somme costituenti le differenze fra mercede e remunerazione di cui all' articolo 23 .
I fondi della cassa sono destinati a soccorrere e ad assistere le vittime che a causa del delitto si trovino in condizioni di comprovato bisogno.
Art. 74
Consigli di aiuto sociale
Nel capoluogo di ciascun circondario è costituito un consiglio di aiuto sociale, presieduto dal presidente del tribunale o da un magistrato da lui delegato, e composto dal presidente del tribunale dei minorenni o da un altro magistrato da lui designato, da un magistrato di sorveglianza, da un rappresentante della regione, da un rappresentante della provincia, da un funzionario dell'amministrazione civile dell'interno designato dal prefetto, dal sindaco o da un suo delegato, dal medico provinciale, dal dirigente dell'ufficio provinciale del lavoro, da un delegato dell'ordinario diocesano, dai direttori degli istituti penitenziari del circondario. Ne fanno parte, inoltre, sei componenti nominati dal presidente del tribunale fra i designati da enti pubblici e privati qualificati nell'assistenza sociale.
Il consiglio di aiuto sociale ha personalità giuridica, è sottoposto alla vigilanza del ministero di grazia e giustizia e può avvalersi del patrocinio della avvocatura dello stato.
I componenti del consiglio di aiuto sociale prestano la loro opera gratuitamente.
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per la grazia e giustizia, può essere disposta la fusione di più consigli di aiuto sociale in un unico ente.
Alle spese necessarie per lo svolgimento dei compiti del consiglio di aiuto sociale nel settore della assistenza penitenziaria e post-penitenziaria si provvede:
1) con le assegnazioni della cassa delle ammende di cui all' articolo 4 della legge 9 maggio 1932, n. 547 ;
2) con lo stanziamento annuale previsto dalla legge 23 maggio 1956, n. 491 ;
3) con i proventi delle manifatture carcerarie assegnati annualmente con decreto del ministro per il tesoro sul bilancio della cassa delle ammende nella misura del cinquanta per cento del loro ammontare;
4)con i fondi ordinari di bilancio;
5) con gli altri fondi costituenti il patrimonio dell'ente.
Alle spese necessarie per lo svolgimento dei compiti del consiglio di aiuto sociale nel settore del soccorso e dell'assistenza alle vittime del delitto si provvede con le assegnazioni della cassa prevista dall'articolo precedente e con i fondi costituiti da lasciti, donazioni o altre contribuzioni ricevuti dall'ente a tale scopo.
Il regolamento stabilisce l'organizzazione interna e le modalità del funzionamento del consiglio di aiuto sociale, che delibera con la presenza di almeno sette componenti.
Art. 75
Attività del consiglio di aiuto sociale per l'assistenza penitenziaria e post-penitenziaria
Il consiglio di aiuto sociale svolge le seguenti attività:
1) cura che siano fatte frequenti visite ai liberandi, al fine di favorire, con opportuni consigli e aiuti, il loro reinserimento nella vita sociale;
2) cura che siano raccolte tutte le notizie occorrenti per accertare i reali bisogni dei liberandi e studia il modo di provvedervi, secondo le loro attitudini e le condizioni familiari;
3) assume notizie sulle possibilità di collocamento al lavoro nel circondario e svolge, anche a mezzo del comitato di cui all' articolo 77, opera diretta ad assicurare una occupazione ai liberati che abbiano o stabiliscano residenza nel circondario stesso;
4) organizza, anche con il concorso di enti o di privati, corsi di addestramento e attività lavorative per i liberati che hanno bisogno di integrare la loro preparazione professionale e che non possono immediatamente trovare lavoro; promuove altresì la frequenza dei liberati ai normali corsi di addestramento e di avviamento professionale predisposti dalle regioni;
5) cura il mantenimento delle relazioni dei detenuti e degli internati con le loro famiglie;
6) segnala alle autorità e agli enti competenti i bisogni delle famiglie dei detenuti e degli internati, che rendono necessari speciali interventi;
7) concede sussidi in denaro o in natura;
8) collabora con i competenti organi per il coordinamento dell'attività assistenziale degli enti e delle associazioni pubbliche e private nonché delle persone che svolgono opera di assistenza e beneficenza diretta ad assicurare il più efficace e appropriato intervento in favore dei liberati e dei familiari dei detenuti e degli internati.
Art. 76
Attività del consiglio di aiuto sociale per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto
Il consiglio di aiuto sociale presta soccorso, con la concessione di sussidi in natura o in denaro, alle vittime del delitto e provvede alla assistenza in favore dei minorenni orfani a causa del delitto.
Art. 77
Comitato per l'occupazione degli assistiti dal consiglio di aiuto sociale
Al fine di favorire l'avviamento al lavoro dei dimessi dagli istituti di prevenzione e di pena, presso ogni consiglio di aiuto sociale, ovvero presso l'ente di cui al quarto comma dell' articolo 74, è istituito il comitato per l'occupazione degli assistiti dal consiglio di aiuto sociale.
Di tale comitato, presieduto dal presidente del consiglio di aiuto sociale o da un magistrato da lui delegato, fanno parte quattro rappresentanti rispettivamente dell'industria, del commercio, dell'agricoltura e dell'artigianato locale, designati dal presidente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, tre rappresentanti dei datori di lavoro e tre rappresentanti dei prestatori d'opera, designati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale, un rappresentante dei coltivatori diretti, il direttore dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, un impiegato della carriera direttiva della amministrazione penitenziaria e un assistente sociale del centro di servizio sociale di cui all' articolo 72 .
I componenti del comitato sono nominati dal presidente del consiglio di aiuto sociale.
Il comitato delibera con la presenza di almeno cinque componenti.
Art. 78
Assistenti volontari
L'amministrazione penitenziaria può, su proposta del magistrato di sorveglianza, autorizzare persone idonee all'assistenza e all'educazione a frequentare gli istituti penitenziari allo scopo di partecipare all'opera rivolta al sostegno morale dei detenuti e degli internati, e al futuro reinserimento nella vita sociale.
Gli assistenti volontari possono cooperare nelle attività culturali e ricreative dello istituto sotto la guida del direttore, il quale ne coordina l'azione con quella di tutto il personale addetto al trattamento.
L'attività prevista nei commi precedenti non può essere retribuita.
Gli assistenti volontari possono collaborare coi centri di servizio sociale per l'affidamento in prova, per il regime di semilibertà e per l'assistenza ai dimessi e alle loro famiglie.

CAPO IV

Disposizioni finali e transitorie

" Art. 79
(minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali. Magistratura di sorveglianza).
( sostituito da articolo 12 Legge n. 1/1977)
Le norme della presente legge si applicano anche nei confronti dei minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali, fino a quando non sarà provveduto con apposita legge.
Nei confronti dei minori di cui al comma precedente e dei soggetti maggiorenni che commisero il reato quando erano minori degli anni diciotto le funzioni della sezione di sorveglianza e del magistrato di sorveglianza sono esercitate, rispettivamente, dal tribunale per i minorenni e dal giudice di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni
Al giudice di sorveglianza per i minorenni non si applica l'ultimo comma dell'articolo 68."
Art. 80
Personale dell'amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena
Presso gli istituti di prevenzione e di pena per adulti, oltre al personale previsto dalle leggi vigenti, operano gli educatori per adulti e gli assistenti sociali dipendenti dai centri di servizio sociale previsti dall' articolo 72.
La amministrazione penitenziaria può avvalersi, per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento, di personale incaricato giornaliero, entro limiti numerici da concordare annualmente, con il ministero del tesoro.
Al personale incaricato giornaliero è attribuito lo stesso trattamento ragguagliato a giornata previsto per il corrispondente personale incaricato.
Per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento, l'amministrazione penitenziaria può avvalersi di professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica, corrispondendo ad essi onorari proporzionati alle singole prestazioni effettuate.
Il servizio infermieristico degli ospedali psichiatrici giudiziari e delle case di cura e custodia é assicurato mediante operai specializzati con la qualifica di infermieri addetti alla cura e alla custodia dei detenuti e degli internati negli ospedali psichiatrici giudiziari e nelle case di cura e di custodia.
Articolo 14 decreto-legge n. 111/1978 : Il quinto comma dell'art. 80 è sostituito dal seguente:
" il servizio infermieristico degli istituti penitenziari, previsti dall'art. 59, è assicurato mediante operai specializzati con la qualifica di infermieri".
A tal fine la dotazione organica degli operai dell'amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena, di cui al decreto del presidente della repubblica 31 marzo 1971, n. 275 ,emanato a norma dell' articolo 17 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, è incrementata di 800 unità riservate alla suddetta categoria. Tali unità sono attribuite nella misura di 640 agli operai specializzati e di 160 ai capi operai.
Le modalità relative all'assunzione di detto personale saranno stabilite dal regolamento di esecuzione.
Art. 81
Attribuzioni degli assistenti sociali
Gli assistenti sociali della carriera direttiva esercitano le attribuzioni previste dagli articoli 9,10 e 11 della legge 16 luglio 1962, n. 1085,anche nell'ambito dei centri di servizio sociale previsti dall'articolo 72 della presente legge.
Gli assistenti sociali della carriera di concetto esercitano le attività indicate nell' articolo 72 della presente legge nell'ambito dei centri di servizio sociale.
Esercitano opera di vigilanza e assistenza nei confronti dei sottoposti a misure di sicurezza personali non detentive e a misure alternative alla detenzione; partecipano, inoltre, all'attività di assistenza dei dimessi.
Articolo 13 Legge n. 1/1977: Il secondo e il terzo comma dell'articolo 81 sono sostituiti dal seguente:
" Gli assistenti sociali della carriera di concetto esercitano le attività indicate nell'articolo 72 della presente legge nell'ambito dei centri di servizio sociale. Essi espletano compiti di vigilanza e di assistenza nei confronti dei sottoposti a misure alternative alla detenzione nonché compiti di sostegno e di assistenza nei confronti dei sottoposti alla libertà vigilata; partecipano, inoltre, alle attività di assistenza ai dimessi".
Art. 82
Attribuzioni degli educatori
Gli educatori partecipano all'attività di gruppo per l'osservazione scientifica della personalità dei detenuti e degli internati e attendono al trattamento rieducativo individuale o di gruppo, coordinando la loro azione con quella di tutto il personale addetto alle attività concernenti la rieducazione.
Essi svolgono, quando sia consentito, attività educative anche nei confronti degli imputati.
Collaborano, inoltre, nella tenuta della biblioteca e nella distribuzione dei libri, delle riviste e dei giornali.
Art. 83
Ruoli organici del personale di servizio sociale e degli educatori
La tabella dell'organico del personale della carriera direttiva di servizio sociale, annessa alla legge 16 luglio 1962, n. 1085, è sostituita dalla tabella b allegata alla presente legge.
Sono istituiti i ruoli organici delle carriere di concetto degli educatori per adulti e degli assistenti sociali per adulti.
Le dotazioni organiche dei ruoli, di cui al precedente comma, sono stabilite rispettivamente dalle tabelle c e d allegate alla presente legge.
Al personale delle carriere suddette si applicano le disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello stato, nonché, in quanto compatibili, quelle di cui al regio decreto 30 luglio 1940, n. 2041 ,e successive modificazioni; lo stesso personale dipende direttamente dall'amministrazione penitenziaria e dai suoi organi periferici.
Gli impiegati della carriera direttiva di servizio sociale che all'1 luglio 1970 rivestivano la qualifica di direttore, al conseguimento della anzianità di cui al primo comma dell' articolo 22 del decreto del presidente della repubblica 30 giugno 1972, n. 748 ,sono esonerati, per la nomina alla qualifica di primo dirigente, dalla partecipazione al corso previsto dagli articoli 22 e 23 del decreto stesso.
La nomina è effettuata, nei limiti dei posti disponibili, con decreto del ministro, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione sulla base dei rapporti informativi e dei giudizi complessivi conseguiti dagli interessati.
Art. 84
Concorso per esame speciale per l'accesso al ruolo della carriera di concetto degli assistenti sociali per adulti.
Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il ministro per la grazia e giustizia indirà un concorso, per esame speciale, di accesso al ruolo della carriera di concetto degli assistenti sociali per adulti, istituito dal precedente articolo, nel limite del cinquanta per cento della complessiva dotazione organica del ruolo stesso.
Entro trenta mesi dall'entrata in vigore della presente legge sarà indetto un concorso pubblico di accesso al ruolo della carriera di concetto degli assistenti sociali per adulti, nel limite del residuo cinquanta per cento della complessiva dotazione organica del ruolo stesso. A tale concorso sono ammessi anche gli assistenti sociali immessi nel ruolo del servizio sociale per i minorenni per effetto del concorso a 160 posti di assistente sociale, di cui al decreto ministeriale 21 giugno 1971 .
Il concorso previsto al primo comma è riservato, indipendentemente dai limiti di età previsti dalle vigenti disposizioni per l'accesso agli impieghi dello stato, a coloro i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, svolgano attività retribuita di assistente sociale presso gli istituti di prevenzione e di pena per adulti e siano forniti di diploma di istituto di istruzione di secondo grado nonché di certificato di qualificazione professionale rilasciato da una scuola biennale o triennale di servizio sociale.
Il concorso consiste in una prova orale avente per oggetto le seguenti materie:
1) teoria e pratica del servizio sociale;
2) psicologia;
3) nozioni di diritto e procedura penale;
4) regolamenti per gli istituti di prevenzione e di pena.
La commissione esaminatrice é presieduta dal direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena o dal magistrato che ne fa le veci ed é composta dai seguenti membri:
Un magistrato di corte d'appello addetto alla direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena;
Un docente universitario in neuropsichiatria o in psicologia o in criminologia o in antropologia criminale;
Un ispettore generale dell'amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena;
Un docente di materie di servizio sociale.
Le funzioni di segretario sono esercitate da un impiegato del ruolo amministrativo della carriera direttiva della detta amministrazione con qualifica non inferiore a direttore alla seconda classe di stipendio (ex coefficiente 257).
La prova si considera superata dai candidati che hanno riportato un punteggio non inferiore a sei decimi.
I vincitori del concorso sono nominati:
a) alla prima classe di stipendio della qualifica di assistente sociale se abbiano prestato servizio continuativo ai sensi del terzo comma del presente articolo per almeno due anni;
b) alla seconda classe di stipendio della qualifica di assistente sociale se abbiano prestato tale servizio per almeno quattro anni;
c) alla terza classe di stipendio della qualifica di assistente sociale se abbiano prestato tale servizio per almeno otto anni.
Nei confronti di coloro che sono inquadrati nella prima o nella seconda classe di stipendio, ai sensi del comma precedente, gli anni di servizio di assistente sociale prestato in modo continuativo, ai sensi del terzo comma del presente articolo, oltre i limiti rispettivi di due e quattro anni sono computati ai fini dell'inquadramento nella classe di stipendio immediatamente superiore.
Entro tre mesi dalla data di pubblicazione del decreto di nomina i vincitori del concorso hanno facoltà di chiedere il riscatto degli anni di servizio prestato ai sensi del terzo comma del presente articolo, ai fini del trattamento di quiescenza e della indennità di buonuscita.
Art. 85
Accesso alla carriera direttiva di servizio sociale
Alla lettera e) dell' articolo 5 della legge 16 luglio 1962, n. 1085 , sono soppresse le parole _istituita o autorizzata a norma di legge _.
Art. 86
Personale per gli uffici di sorveglianza
Con decreti del Presidente della Repubblica, su proposta del ministro per la grazia e giustizia, di concerto con il ministro per il tesoro, è determinato, entro sei mesi dalla entrata in vigore della presente legge, il contingente dei magistrati e del personale di cui all' articolo 68 da assegnare a ciascun ufficio di sorveglianza nei limiti delle attuali complessive dotazioni organiche.
Art. 87
Norme di esecuzione
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del ministro per la grazia e giustizia, di concerto con il ministro per il tesoro, entro sei mesi dalla entrata in vigore della presente legge, sarà emanato il regolamento di esecuzione. Per quanto concerne la materia della istruzione negli istituti di prevenzione e di pena il regolamento di esecuzione sarà emanato di concerto anche con il ministro per la pubblica istruzione.
Fino all'emanazione del suddetto regolamento restano applicabili, in quanto non incompatibili con le norme della presente legge, le disposizioni del regolamento vigente.
Entro il termine indicato nel primo comma dovranno essere emanate le norme che disciplinano lo ingresso in carriera del personale di concetto dei ruoli degli educatori per adulti e degli assistenti sociali per adulti.
Le disposizioni concernenti l'affidamento al servizio sociale e il regime di semilibertà entreranno in vigore un anno dopo la pubblicazione della presente legge nella gazzetta ufficiale.
Art. 88
Attuazione dei ruoli del personale
L'istituzione del ruolo organico del personale di concetto di servizio sociale per adulti, lo ampliamento del ruolo organico del personale direttivo di servizio sociale, l'istituzione del ruolo organico della carriera di concetto degli educatori per adulti e l'ampliamento del ruolo degli operai specializzati addetti agli ospedali psichiatrici e alle case di cura e di custodia, previsti dalla presente legge, saranno attuati entro un periodo di sette anni.
Art. 89
Norme abrogate
Sono abrogati gli articoli 141, 142, 143, 144, 149 e l'ultimo capoverso dell'articolo 207 del codice penale, l'articolo 585 del codice di procedura penale nonché ogni altra norma incompatibile con la presente legge.
Art. 90
Esigenze di sicurezza
( abrogato da articolo 10 legge n. 663/1986)
Art. 91
Copertura finanziaria
All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in lire 25 miliardi per l'anno finanziario 1975,si provvede mediante riduzione di pari importo dello stanziamento iscritto al capitolo 6856 dello stato di previsione della spesa del ministero del tesoro per l'anno finanziario medesimo.
Il ministro per il tesoro è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio.
La presente legge, munita del sigillo dello stato, sarà inserita nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello stato.

TABELLA A

Sedi e giurisdizioni degli uffici di sorveglianza
Ancona: tribunali di Ancona, Pesaro, Urbino.
Macerata: tribunali di Macerata, Ascoli Piceno, Camerino, Fermo.
Bari: tribunali di Bari, Trani.
Foggia: tribunali di Foggia, Lucera.
Bologna: tribunali di Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna, Rimini.
Modena: tribunale di Modena.
Reggio Emilia: tribunali di Reggio Emilia, Parma, Piacenza.
Brescia: tribunali di Brescia, Bergamo, Crema.
Mantova: tribunali di Mantova, Cremona.
Cagliari: tribunali di Cagliari, Oristano.
Nuoro: tribunali di Nuoro, Lanusei.
Sassari: tribunali di Sassari, Tempio Pausania.
Caltanissetta: tribunali di Caltanissetta, Enna, Nicosia.
Catania: tribunali di Catania, Caltagirone.
Siracusa: tribunali di Siracusa, Ragusa, Modica.
Catanzaro: tribunali di Catanzaro, Crotone, Nicastro, Vibo Valentia.
Cosenza: tribunali di Cosenza, Rossano, Castrovillari, Paola.
Reggio Calabria: tribunali di Reggio Calabria, Locri, Palmi.
Firenze: tribunali di Firenze, Arezzo, Prato.
Siena: tribunali di Siena, Grosseto, Montepulciano.
Livorno: tribunale di Livorno.
Pisa: tribunali di Pisa, Lucca, Pistoia.
Genova: tribunali di Genova, Chiavari, Imperia, San Remo, Savona.
Apuania Massa: tribunali di Apuania Massa, La Spezia.
L'Aquila: tribunali di L'Aquila, Avezzano, Lanciano, Sulmona.
Pescara: tribunali di Pescara, Chieti, Teramo, Vasto.
Lecce: tribunali di Lecce, Brindisi, Taranto.
Messina: tribunali di Messina, Mistretta, Patti.
Milano: tribunali di Milano, Lodi, Monza.
Pavia: tribunali di Pavia, Vigevano, Voghera.
Varese: tribunali di Varese, Busto Arsizio, Como, Lecco, Sondrio.
Napoli: tribunali di Napoli, Ariano Irpino, Avellino, Benevento.
Campobasso: tribunali di Campobasso, Isernia, Larino.
Salerno: tribunali di Salerno, Sant'Angelo dei Lombardi, Vallo della Lucania. Santa Maria Capua Vetere: tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Palermo: tribunali di Palermo, Termini Imerese.
Agrigento: tribunali di Agrigento, Sciacca.
Trapani: tribunali di Trapani, Marsala.
Perugia: tribunali di Perugia, Orvieto.
Spoleto: tribunali di Spoleto, Terni.
Potenza: tribunali di Potenza, Lagonegro, Sala Consilina.
Matera: tribunali di Matera, Melfi.
Roma: tribunali di Roma, Latina, Velletri, Civitavecchia.
Frosinone: tribunali di Frosinone, Cassino.
Viterbo: tribunali di Viterbo, Rieti.
Torino: tribunali di Torino, Asti, Pinerolo.
Alessandria: tribunali di Alessandria, Acqui, Tortona.
Novara: tribunali di Novara, Aosta, Biella, Verbania.
Vercelli: tribunali di Vercelli, Casale Monferrato, Ivrea.
Articolo 1 legge n. 170/1992 : modifiche alla tabella A allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354 limitatamente alle sedi e giurisdizioni degli uffici di sorveglianza per adulti di Novara e Vercelli.
Allegato: Novara: tribunali di Novara, Aosta, Verbania.
Vercelli: tribunali di Vercelli, Biella, Casale Monferrato, Ivrea.
Cuneo: tribunali di cuneo, Mondovì, Saluzzo, Alba.
Trento: tribunali di Trento, Bolzano, Rovereto.
Trieste: tribunale di Trieste.
Gorizia: tribunali di Gorizia, Pordenone, Tolmezzo, Udine.
Venezia: tribunali di Venezia, Belluno, Treviso.
Padova: tribunali di Padova, Rovigo, Bassano del Grappa.
Verona: tribunali di Verona, Vicenza.

TABELLA B

Ruolo organico della carriera direttiva degli assistenti sociali personale dirigente
Qualifica dirigente superiore livello di funzioni d funzione ispettore generale per i servizi sociali o consigliere ministeriale aggiunto posti in funzione 6
Qualifica primo dirigente livello di funzioni e funzione direttore di centro di servizio sociale o di ufficio di servizio sociale per minorenni di particolare importanza o vice consigliere ministeriale aggiunto posti in funzione 12
Totale posti in funzione 18
Personale direttivo
Qualifica direttore aggiunto di centro di servizio sociale o direttore di ufficio di servizio sociale per minorenni parametro 530 anni di permanenza nella classe di stipendio - dotazione organica 18
Parametro 487 anni di permanenza nella classe di stipendio 7 dotazione organica 18
Parametro 455 anni di permanenza nella classe di stipendio 5 dotazione organica 18
Parametro 426 anni di permanenza nella classe di stipendio 5 dotazione organica 18
Parametro 387 anni di permanenza nella classe di stipendio 2 dotazione organica 18
Qualifica direttore di sezione parametro 307 anni di permanenza nella classe di stipendio - dotazione organica 52
Parametro 257 anni di permanenza nella classe di stipendio 4 dotazione organica 52
Parametro 190 anni di permanenza nella classe di stipendio 6 mesi dotazione organica 52
Totale dotazione organica 70

TABELLA C

Ruolo organico degli educatori per adulti della carriera di concetto
Parametro 370 qualifica educatore capo organico 41
Parametri 297 255 qualifica educatore principale organico 185
Parametri 218,178, 160 qualifica educatore organico 184
Totale organico 410

TABELLA D

Ruolo organico degli assistenti sociali per adulti della carriera di concetto
Parametro 370 qualifica assistente sociale capo organico 37
Parametri 297 255 qualifica assistente sociale principale organico 167
Parametri 218,178,160 qualifica assistente sociale organico 166
Totale organico 370



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