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Europa, Israele, Palestina, situazione giuridica e prospettive "de iure condendo"


di Virginio Rognoni - Professore di Procedura civile - Università di Pavia

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Abbiamo ascoltato due relazioni molto interessanti: una la ricostruzione storica della presenza dei francescani nei luoghi santi fatta da frate Manns con grande suggestione di date, di processi storici, di movimenti che sembrava corressero in avanti e altri che sembrava, e di fatto lo erano, movimenti che si arretravano, e poi questa splendida relazione di padre Jeager.

Leggendo il programma predisposto mi era sembrato che ci fosse un di più di diritto all'interno di questa Tavola Rotonda, così come a questa platea.

Il diritto a servizio di, perché il diritto tutto sommato, padre Jeager, finisce per essere quella disciplina, quel prodotto dello spirito umano che garantisce, che sanziona, che stabilizza per usare delle espressioni molto previloquenti: dirò che certamente prima del diritto viene la politica e la lotta, anche se la lotta e la politica finiscono per essere esse stesse intrecciate al diritto. Ma come?

Questa è la mia impressione leggendo il programma, tutti abbiamo sott'occhio quello che avviene in Medio Oriente: il conflitto arabo-israeliano e israelo palestinese, tutti, specialmente in questo periodo.

Dove sta il diritto in questo scenario di violenze, di reciproca ostilità? Padre Jeager ci ha dato un affresco di cose che sono accadute, che accadono, che ci sono, estremamente importanti: il mondo ha sott'occhio la situazione in Medio Oriente dal punto di vista politico tuttavia c'è oggi e c'è stata ieri un'altissima rete di rapporti giuridici fra la Chiesa cattolica da una parte e lo stato di Israele (accordo del '93) e lo stato embrionico palestinese (tutti ci auguriamo che da embrionico diventi adulto che diventi persona nel 2000). Questi strumenti giuridici, noi diremo di tipo concordatario, tutto sommato, hanno una forza di essere in parità, possono avere un effetto di trascinamento nei confronti dei contenuti giuridici di quello che potrà essere domani uno scenario di pace garantito dal diritto.

Mi pare questa la peculiarità della relazione di padre Jeager e mi piacerebbe avere il tempo per tornare su molti argomenti trattati in quest'ultima relazione, e anche fare delle domande a padre Jeager, per esempio questa: se c'è stata più difficoltà ad arrivare all'accordo del '93 con lo Stato di Israele oppure se c'è stata maggiore difficoltà ad arrivare all'accordo del 2000 con l'OLP, l'Autorità palestinese, dal punto di vista dei contenuti che sono stati acquisiti e che possono essere il risultato anche di onorevoli compromessi.

Tuttavia volevo dire che mi è piaciuto moltissimo il richiamo che ha fatto padre Jeager alla regola della laicità. La chiesa in questi accordi non chiede vantaggi particolari e la Santa Sede ha insistito nel ribadire che non c'è libertà religiosa se non c'è una libertà di contesto più generale, ma il tempo è quello che è.

A me preme ha questo punto proseguire in questa mia riflessione e dico subito, per non allontanarmi troppo da quel di più di diritto che abbiamo visto nel nostro programma, che c'è diritto, ma anche la trasgressione dal diritto, ci sono gli accordi ma anche le trasgressioni. Padre Jeager ha citato giustamente una serie di risoluzioni dell'ONU: queste risoluzioni tutto sommato hanno fatto diritto ma queste stesse risoluzioni sono altrettante trasgressioni di questo diritto prodotto dalle risoluzioni; e chi trasgredisce?

Trasgrediscono i comportamenti delle parti, trasgredisce la comunità internazionale, trasgredisce l'indifferenza talvolta molto deplorevole delle dirigenze politiche internazionali, trasgredisce la politica sulla spinta di condizionamenti che vengono da lontano, che vengono dalla storia.

Lo Stato di Israele nasce, si dice, ed è anche vero, come risultato di una doverosa compensazione dell'Olocausto, anche se il Sionismo nasce prima dell'Olocausto, nasce alla fine dell'ottocento. Comunque l'Europa, rispetto alla comunità ebraica a causa di quanto accaduto in Germania durante la guerra, aveva la coscienza sporca nei confronti della diaspora ebraica. Nasce lo Stato di Israele e, padre Jeager ha ricordato, dal '47 in poi le guerre, le ostilità reciproche, la situazione di oggi.

Se il diritto è trasgredito dalla politica occorre richiamare la politica al suoi doveri, occorre che le varie istanze internazionali si adoperino per arrivare ad una soluzione, non in vista, di rendere possibili i concordati della chiesa nei confronti vuoi dello Stato di Israele, vuoi dello Stato, domani, palestinese; ma come primo obiettivo di rendere possibile la pacifica convivenza fra questi paesi così da rendere primaria la pace, la convivenza pacifica dei due Stati entro confini certi e sicuri una volta raggiunto questo scenario.

Anche i rapporti così detti concordatari, la difesa della fede cristiana nei confronti della fede ebraica potranno essere raggiunti con maggiore facilità nello spirito della laicità, nello spirito del reciproco rispetto, scontando la comune fede nei confronti della lealtà dei figli di Abramo.

La situazione oggi in Medio Oriente è estremamente lontana dal raggiungimento di questo scenario, è abbastanza singolare vedere dirigenti israeliani accusare il Presidente dell'Autorità palestinese Arafat di essere terrorista e ricordare che il Presidente dell'Autorità palestinese è stato insignito del Nobel della pace insieme a Rabin.

Chi ha ragione, l'autorità svedese che ha conferito questi premi o le accuse di oggi?

Faccio queste domande retoriche per dimostrare la drammaticità della situazione in Medio Oriente che non è una drammaticità lontana da noi, è una drammaticità che finisce per riversarsi anche nella politica europea, nella politica italiana.

Consentitemi questo riferimento ad una situazione di oggi con riferimento alla Ğhād, a questa agenzia terroristica… Bin Laden, califfo virtuale, cerca di diventare califfo reale della comunità islamica, qualcuno aggiunge, per rendere più icastica questa prospettiva, di una comunità islamica che va dal Marocco all'Indonesia.

Sta di fatto che l'obiettivo di questa agenzia terroristica è più il potere moderato in alcuni paesi moderati arabi, che non lo stesso occidente; e allora dobbiamo domandarci cosa noi possiamo fare per evitare che la guerra al terrorismo che urge doverosa, non diventi una guerra fra occidente e mondo arabo, fra occidente e le comunità islamiche, fra cristianesimo e Islam.

Qualcuno ha parlato di onesta dissimulazione con riferimento al tentativo della comunità internazionale di asserire che si tratta della guerra contro il terrorismo e non una guerra di religione, perché onesta dissimulazione, perché io non credo che questo possa essere accettato.

Il fondamentalismo religioso viene utilizzato come il riscatto di una comunità politico nazionale. Padre Manns ci ha fatto un excursus storico: l'impero ottomano, i secoli dello splendore arabo musumalmano, la decadenza questa sorta di umiliazione che probabilmente oggi il mondo musulmano ha nei confronti del mondo occidentale, non c'è una polemica, ma bisogna evitare che possa insorgere nei fatti una contrapposizione di questo tipo. Da molte parti si dice, torno al nostro medio oriente, che se la ferita medio orientale dovesse rimare sempre aperta, diventare sempre più virulenta, il richiamo all'Islam come sorta di clava politica per riscattare le comunità islamiche, potrebbe essere una possibilità pericolosissima, quindi la pace deve essere perseguita da tutte le istanze internazionali.

Io sono molto preoccupato che dopo l'11 settembre l'amministrazione americana, l'amministrazione Bush che prima mostrava di avere distacco dalla questione Medio Orientale fosse fin troppo infastidita dalla caparbietà con la quale la precedente amministrazione all'ultimo Camp David aveva mostrato nei confronti uno sbocco di pace.

Dopo l'11 settembre abbiamo visto un'amministrazione americana attivista molto attenta, già però mi sembra che si sia stancata, che questo processo di pace accelerato a causa dell'11 settembre, accusi una sua pausa estremamente pericolosa, mostri una debolezza intrinseca, l'Europa deve muoversi e si è mossa. L'Europa per la verità fin dal 1980 con la dichiarazione G……-Colombo(?) aveva mostrato grande lungimiranza tanto che certi ambienti falchi dello Stato di Israele ritengono ancora oggi che i Paesi europei sono più filo arabi che non neutrali.

Io credo di no, che l'Europa ha un suo ruolo che deve essere epocato in maniera decisiva: oggi, nell'agosto scorso, prima dell'evento terribile delle Torri, avevo abbozzato un articolo in relazione al Piano Mitchell.

Voi dovete sapere che esistono diversi piani qui in parte ricordati da padre Jeager: il piano Mitchell, un senatore democratico americano, ha predisposto un piano che ha come obiettivo di arrivare ad una tregua sulla base di una reciproca fiducia che le due parti israeliana e palestinese devono in ogni caso acquisire, un piano che è centrato sul blocco degli insediamenti colonici da parte dello Stato di Israele, perché soprattutto l'insediamento colonico dello Stato di Israele è la trasgressione più dura, più violenta, più stupida da parte dello Stato di Israele.

Questo piano Mitchell è stato a parole accettato da tutti, ma non riesce ad andare avanti: c'è una missione americana in corso in questo momento a Gerusalemme e si fanno sforzi per poter arrivare ad uno scenario di pace. L'anno scorso mi ero permesso di dire che occorre da parte dell'Europa vedere la possibilità di una presenza di forze multinazionali in quell'area così tormentata.

Si parla di forze multinazionali per il mantenimento della pace: questo stesso meccanismo può essere utilizzato per mantenere la tregua, non si può parlare di pace né domani né doman l'altro, però una tregua sì.

Vedo che questa possibilità è oggi nell'agenda di tutte le cancellerie, soprattutto di quella europea. Se i territori occupati fossero abbandonati da Israele e presidiati dalla forza multinazionale per mantenere la tregua, sarebbe questo uno scenario utile per lo Stato di Israele e per lo Stato embrionico della Palestina, senza confine fra uno Stato che c'è e che mostra di essere insicuro e che per tanti aspetti può essere insicuro, e uno Stato che non c'è.

Questa sete di confine è la ragione del conflitto, è la ragione delle difficoltà.

Qualcuno ha detto che Israele potrebbe ritirarsi dai Territori occupati esattamente come ha fatto nel Sud del Libano. Non so però se la presenza di una forza multinazionale dovrebbe essere garantita per arrivare ad una tregua, con che anche questa guerra contro il terrorismo potrebbe essere vincolata alla sua prospettiva di guerra giusta contro il terrorismo, e non di guerra dell'occidente nei confronti della comunità islamica; comunque la pace in Medio Oriente potrebbe essere un argomento forte per evitare in radice una deriva difficile, pericolosa.

In questo senso, questo è il quadro che abbiamo sott'occhio e queste sono le riflessioni che questo quadro ci suggerisce: certo occorre, per evitare che queste mie considerazioni possano in qualche modo essere interpretate come affermazioni che ci assumono una parte piuttosto che l'altra, che l'Autorità palestinese ha il dovere di fermare atti terroristici che di volta in volta si consumano.

L'Autorità palestinese ha adottato in questi giorni misure che secondo Israele sono ancora insufficienti, ma anche qui dobbiamo forzare la mano e fare appello a tutta la diplomazia internazionale affinché il raggiungimento della pace sia conseguibile in tempi anche rapidi.

Ho partecipato recentemente ad un convegno ad Atene sui diritti umani e la discussione ad un certo punto si è fatta aspra perché il tema era lo status degli immigrati in Italia e l'atteggiamento di accoglienza in Italia e in Europa nei confronti dell'immigrato, dell'immigrato musulmano, quindi tentativi di premere sui comitati di accoglienza da parte delle comunità degli immigrati per ottenere certi risultati in termini di diritto di salvaguardia del lavoratore e così via.

Ad un certo momento il rappresentante del Sindacato degli avvocati di Atene si alza e dice, interrompendo il relatore francese, ciò che è noto, cioè il limite dell'ordine pubblico in rapporto a certi istituti di diritto familiare che l'Islam conosce e che gli Stati Europei non conoscono: per esempio la poligamia, con tutto quel che segue dal punto di vista dell'economia e dell'ordine pubblico.

Subito si sono alzate la delegazioni magrebine, in particolare quella marocchina, dicendo: ma attenzione europei, la poligamia è un fatto rassicurante, intanto in Tunisia, e poi c'è in corso nel Magreb, ma penso anche in Egitto, una sorta di processo di secolarizzazione, di laicizzazione per cui veramente questi istituti familiari diventano dei residuati.

Torno in Italia vedo delle osservazioni, dei rilievi dell'ex presidente Cossiga sul Corriere della sera è a lui che va ricondotta la frase "onesta dissimulazione", tra l'altro in quell'articolo vengo a sapere di un personaggio, un certo signor Torquato Accetto che nel 1600 scrisse un libro sulla onesta dissimulazione.

Cossiga dice: per venire incontro, poiché c'è viceversa questo controfondamentalismo religioso vediamo di predisporre delle misure concordatarie tali che rendano meno aggressivo il fondamentalismo islamico nei confronti dei paesi europei.

Non credo che questo sia possibile. La storia insegna che anche in Europa abbiamo avuto delle guerre di religione pazzesche; Manns ci ha ricordato nel suo excursus storico che Francesco d'Assisi adottò una politica dell'umiltà, della povertà a fronte di una politica militare che all'epoca ricordata era pure atroce. Io credo necessario che ognuno faccia la sua parte, che la politica riprenda il suo ruolo per evitare che questa guerra non diventi qualcosa di più che non una guerra contro il terrorismo.

Per far questo bisogna risolvere punto per punto le varie grandi questioni aperte fra cui quella Mediorientale che è una ferita che allunga la sua ombra lontana nel tempo ma che non riesce ancora ad essere sanata. A questo riguardo gli strumenti giuridici richiamati qui da padre Jeager sono molto importanti per contribuire al conseguimento di questo obiettivo.




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