DI CHIARA GIUSEPPE
"CROCESEGNO", PROCESSO PENALE E MANDATO DIFENSIVO: L'ANALFABETISMO COME "DEMINUTIO CAPITIS"?
(Nota a Cass. pen. sez. VI 18 marzo 1998)
in Il Foro italiano, 1999, fasc. 2 pag. 98 - 101
(Bibliografia: a pié di pagina o nel corpo del testo)
Con questa pronuncia la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso avverso una sentenza contumaciale, per difetto di mandato in quanto conferito dall'imputato mediante "crocesegno" autenticato dai difensori. L'A. esamina l'indirizzo seguito dalla sentenza in commento, con riferimento all'art. 39 disp. att. c.p.p., che potrebbe dar luogo ad un'interpretazione discriminante, quasi una capitis deminutio, dell'analfabeta, in contrasto con l'art. 24 comma 2 Cost.. Per ovviare alle conseguenze di tale approccio ermeneutico, l'A. prospetta due vie: una interpretativa che privilegi una lettura costituzionalmente orientata del dato normativo, che attribuisca al "crocesegno" autenticato dal difensore ex art. 39 cit., natura di efficace sottoscrizione del mandato, in modo, così, da superare i rischi di intollerabili discriminazioni a carico dell'analfabeta, di un soggetto, cioè, già di per sé discriminato nella sfera sociale; in caso contrario, non resta che prospettare una questione di legittimità costituzionale in relazione agli artt. 3 e 24 comma 2 Cost..
Fonti
- Codice di procedura penale art. 110
- Codice di procedura penale art. 571, comma 3
- Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale art. 39
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