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Silvestri Elisabetta
LA REVOCAZIONE DELLE SENTENZE DELLA CORTE DI CASSAZIONE: ASPETTI PROCEDIMENTALI
(Nota a Cass. civ. sez. I 24 giugno 1998 n. 6252)
in La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, 1999, fasc. 5  pag. 680 - 685
(Bibliografia: a pié di pagina o nel corpo del testo)

La Cassazione, nella sentenza in epigrafe, afferma che in caso di accoglimento della domanda di revocazione proposta avverso una decisione della stessa Corte, l'art. 391 bis c.p.c. e, in particolare, il procedimento camerale in esso previsto trova applicazione anche con riferimento alla fase rescissoria del giudizio, ossia la fase in cui viene riesaminato il ricorso per cassazione sul quale la sentenza revocata ebbe a pronunciarsi. Il contenuto decisorio del provvedimento che conclude sia il giudizio di revocazione sia l'esame nel merito del ricorso per cassazione impone tuttavia che il procedimento, pur svolgendosi in camera di consiglio, si concluda con sentenza e non con ordinanza, come potrebbe desumersi dalla lettera dell'art. 391 bis comma 2 c.p.c., attraverso il richiamo all'art. 375 c.p.c.. L'A. evidenzia come l'art. 391 bis c.p.c., fin dalla sua emanazione, sia stato oggetto di numerose critiche, sia da parte della dottrina che dei giudici di legittimità che della Consulta. Alcune di queste critiche sono riprese dalla sentenza in commento sotto forma di obiter dicta, che l'A. analizza sinteticamente dopo aver messo in evidenza i principi enunciati nella massima. Punti specifici oggetto di trattazione sono: l'unicità del procedimento camerale; la forma del provvedimento emanato a conclusione del giudizio di revocazione; gli obiter dicta.

Fonti

  • Codice di procedura civile art. 375
  • Codice di procedura civile art. 391-bis

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