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Porcelli Giovanni
LINGUA, PROCESSO E TUTELA DELLO STRANIERO
in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 1999, fasc. 4  pag. 1485 - 1497
(Bibliografia: a pié di pagina o nel corpo del testo)

L'A. prende occasione dalle statuizioni contenute nella sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee 28 novembre 1998 (causa C-274/96) per affrontare le problematiche connesse alla possibilità, per una o entrambe le parti di un processo nazionale appartenenti ad una comunità etnico-culturale dotata di lingua propria, di utilizzare tale loro lingua nei rapporti con le autorità giudiziarie e, in generale, al rapporto tra tale riconoscimento e il pieno svolgimento del diritto di difesa. Illustrata la pronuncia della Corte di Giustizia che, chiamata a pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale sulla compatibilità fra talune disposizioni del Trattato CE e la normativa italiana che riconosce ai cittadini residenti nella provincia di Bolzano il diritto di utilizzare, nei rapporti con la p.a. e nei procedimenti giudiziari, la lingua tedesca e ladina, ha riconosciuto l'estendibilità di tale diritto a quei cittadini di altri Stati membri della stessa lingua che circolano e soggiornano in quel territorio, motivando in base al principio per cui la normativa nazionale non può porre in essere discriminazioni nei confronti di soggetti cui la normativa comunitaria attribuisce il diritto alla parità di trattamento, né limitare le libertà fondamentali garantite dal diritto comunitario. L'A. considera favorevolmente la sia pur limitata portata estensiva del dispositivo, sollevando tuttavia alcune perplessità sulle conclusioni della Corte e, soprattutto, in ordine al ragionamento logico-giuridico che le sostiene.

Fonti

  • CGCE 24 novembre 1988 (causa C-274/96)

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